Ricorso  ai  sensi  dell'art.  127  della  Costituzione  per   il
Presidente  del   Consiglio   dei   ministri   (codice   fiscale   n.
80188230587), in persona del Presidente  del  Consiglio  pro-tempore,
rappresentato e difeso in virtu' di  legge  dall'Avvocatura  generale
dello     Stato      (fax:      06/96514000;      indirizzo      pec:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it),   presso   i   cui   uffici   e'
legalmente domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, contro
la Regione siciliana (codice fiscale n. 80012000826), in persona  del
Presidente pro-tempore della Giunta provinciale, con sede  a  Palermo
in piazza Indipendenza n.  21  presso  il  Palazzo  D'Orleans  e  con
domicilio  digitale  presso  i  seguenti  indirizzi  pec  tratti  dal
registro  «IPA»:  segreteria.generale@certmail.regione.sicilia.it   e
presidente@certmail.regione.sicilia.it - per  la  declaratoria  della
illegittimita' costituzionale degli articoli 5, comma 1, lettera  f),
14, 36, 41, 50, 53, 54,  55,  56  e  57  della  legge  della  Regione
siciliana 15 aprile 2021, n. 9, pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale
della  Regione  siciliana  del  21  aprile  2021,   n.   17,   giusta
deliberazione del Consiglio dei ministri  assunta  nella  seduta  del
giorno 17 giugno 2021. 
 
                          Premesse di fatto 
 
    Sulla Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana  n.  17  del  21
aprile 2021 e' stata pubblicata la legge regionale n. 9 del 15 aprile
2021, intitolata «Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno
2021. Legge di stabilita' regionale». 
    Talune disposizioni della predetta legge violano norme e principi
costituzionali direttamente applicabili anche alle autonomie speciali
eccedendo comunque dalle competenze attribuite alla Regione siciliana
dallo Statuto speciale di autonomia approvato con il r.d.l. 15 maggio
1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.
2. 
    Segnatamente: 
      1) l'art. 5, comma 1, lettera f),  si  pone  in  contrasto  con
l'art. 117, secondo comma, lettera l), della  Costituzione  ed  esula
dalle competenze affidate alla  regione  dall'art.  14,  lettera  q),
dello Statuto di autonomia; 
      2) l'art. 14 viola gli articoli 3 e 117, secondo comma, lettera
e) e lettera l), della Costituzione, nonche' esula  dalle  competenze
affidate alla regione dall'art. 14,  lettera  q),  dello  Statuto  di
autonomia; 
      3) l'art. 36 si pone in contrasto con gli articoli 3, 81, terzo
comma, 117, secondo comma, lettera e) e  lettera  l),  nonche'  terzo
comma,  in  relazione  alla  materia:  «coordinamento  della  finanza
pubblica»,  della  Costituzione,  nonche'  esula   dalle   competenze
affidate alla regione dall'art. 14,  lettera  q),  dello  Statuto  di
autonomia; 
      4) l'art. 41, comma 3, viola gli articoli 81, terzo comma, 117,
secondo comma, lettera m), nonche' terzo  comma,  in  relazione  alle
materie: «coordinamento  della  finanza  pubblica»  e  «tutela  della
salute», della Costituzione, nonche' esula dalle competenze  affidate
alla regione dall'art. 17, comma 1,  lettera  c),  dello  Statuto  di
autonomia; 
      5) l'art. 50 si pone in contrasto con gli  articoli  3  e  117,
secondo comma, lettera l), della Costituzione,  nonche'  esula  dalle
competenze affidate alla regione  dall'art.  14,  lettera  q),  dello
Statuto di autonomia; 
      6) l'art. 53 viola gli articoli 81, terzo comma,  117,  secondo
comma,  lettera  m),  e  terzo  comma,  in  relazione  alla  materia:
«coordinamento della finanza pubblica», nonche' l'art. 81,  comma  3,
della Costituzione ed esula dalle competenze  affidate  alla  regione
dall'art. 17, comma 1, lettera c) dello Statuto di autonomia; 
      7) l'art. 54 si pone  in  contrasto  con  l'art.  117,  secondo
comma,  lettera  m),  e  terzo  comma,  in  relazione  alla  materia:
«coordinamento della finanza pubblica», nonche' con l'art. 81,  comma
3, della Costituzione ed esula dalle competenze affidate alla regione
dall'art. 17, comma 1, lettera c) dello Statuto di autonomia; 
      8) l'art. 55 viola l'art. 117, secondo  comma,  lettera  m),  e
terzo comma, in relazione alla materia: «coordinamento della  finanza
pubblica», della Costituzione ed esula dalle competenze affidate alla
regione dall'art. 17, comma 1, lettera c) dello Statuto di autonomia; 
      9) l'art. 56 si pone in contrasto con l'art. 117, terzo  comma,
in relazione alle materie: «coordinamento della finanza  pubblica»  e
«tutela della salute», della Costituzione; 
      10) infine, l'art. 57 viola l'art. 118, comma 1,  in  relazione
agli articoli 3 e 32, della Costituzione. 
    Pertanto, le  suddette  disposizioni  vengono  impugnate  con  il
presente ricorso ex art. 127  della  Costituzione  affinche'  ne  sia
dichiarata l'illegittimita' costituzionale e ne  sia  pronunciato  il
conseguente annullamento per i seguenti - Motivi di diritto 
 
                                  I 
L'art. 5, comma 1, lettera f), della legge della Regione siciliana 15
                          aprile 2021, n. 9 
 
    1. L'art. 5, comma 1, lettera f), della legge oggetto di  censura
stabilisce che all'art. 55 della legge regionale del 7  maggio  2015,
n.  9  e  successive  modificazioni,  sono  apportate   le   seguenti
modifiche: «f) dopo il comma 7 e' aggiunto il seguente: 
      «7-bis.  Al  personale  del  compatto  in  servizio   a   tempo
indeterminato e determinato presso l'ufficio speciale - C.U.C., oltre
al, trattamento accessorio di cui al comma 7 dell'art. 16 della legge
regionale 15  maggio  2000,  n.  10  e  successive  modificazioni  e'
riconosciuta a valere sul Fondo istituito con delibera di  giunta  n.
387 del 24 novembre 2004,  una  retribuzione  annua  sostitutiva  dei
premi di cui al comma 4 dell'art. 90 del CCRL vigente,  nelle  misure
riconosciute dall'art. 94 del CCRL vigente al personale del  comparto
in servizio presso l'UREGA. Trova, altresi', applicazione il comma  2
dell'art. 94 del CCRL vigente»». 
    2. La disposizione in esame -  nel  modificare  l'art.  55  della
legge regionale 7 maggio 2015 n. 9 - attribuisce dunque al  personale
del comparto in servizio presso l'ufficio speciale - C.U.C. (Centrale
unica di committenza  per  l'acquisizione  di  beni  e  servizi)  una
retribuzione annua sostitutiva dei premi di cui al comma 4  dell'art.
90 del CCRL vigente,  nelle  misure  riconosciute  dall'art.  94  del
medesimo CCRL al personale del compatto in servizio presso  l'ufficio
regionale per l'espletamento delle gare d'appalto (UREGA). 
    3. Dunque, la predetta disposizione attribuisce al  personale  in
questione un trattamento economico parzialmente sostitutivo di quello
previsto  -  per  tutti  gli  altri  dipendenti  regionali  -   dalla
contrattazione collettiva di comparto. In questo modo, essa introduce
una deroga - ratione personae - all'art. 22, commi 1 e 2, della legge
regionale 15 maggio 2000, n.  10,  che  -  in  conformita'  a  quanto
disposto dall'art. 45 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 -
ha demandato la disciplina del  rapporto  di  lavoro  dei  dipendenti
regionali - ivi compresa  la  disciplina  del  trattamento  economico
fondamentale ed  accessorio  -  ai  contratti  collettivi  di  lavoro
stipulati, secondo le modalita' e con i criteri di cui al titolo  III
del decreto legislativo  3  febbraio  1993  n.  29,  cosi'  come  poi
sostituito dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. 
    4. Ebbene, codesta eccellentissima  Corte  ha  precisato  che  la
riserva di contrattazione collettiva prevista  dal  testo  unico  del
pubblico impiego per il trattamento economico del personale  pubblico
«privatizzato»  rientra  tra  le  norme   fondamentali   di   riforma
economico-sociale della  Repubblica,  alle  quali  anche  la  Regione
siciliana e' tenuta a conformarsi; sicche',  la  sua  violazione,  da
parte del legislatore regionale, si pone in contrasto con l'art. 117,
secondo comma, lettera  1),  della  Costituzione,  che  riserva  alla
competenza  esclusiva  dello  Stato  la  disciplina  della   materia:
«ordinamento civile». 
    5. In  particolare,  nella  sentenza  n.  16  del  2020,  codesta
eccellentissimama Corte ha ribadito che «la disciplina  del  rapporto
di lavoro dei  dipendenti  pubblici  -  ivi  inclusi  i  profili  del
trattamento  economico  (inteso  nel  suo  complesso,  senza   alcuna
limitazione a quello fondamentale) e della  relativa  classificazione
(sentenza n. 213 del  2012)  -  rientra  nella  materia  «ordinamento
civile», che spetta in via esclusiva al legislatore nazionale. 
    Invero, a seguito della sua  privatizzazione,  tale  rapporto  e'
disciplinato  dalle  disposizioni   del   codice   civile   e   dalla
contrattazione collettiva, come espressamente  previsto  dall'art.  2
testo unico pubblico impiego. 
    Compete, dunque,  unicamente  al  legislatore  statale  anche  la
disciplina del trattamento  giuridico  ed  economico  dei  dipendenti
regionali (ex multis, sentenze n. 175 e n. 160 del 2017, n.  257  del
2016), ai sensi dell'art. 1, comma 2, testo unico pubblico impiego. 
    Anche per questo personale, quindi, il  rapporto  di  impiego  e'
regolato dalla legge dello Stato e, in virtu' del  rinvio  da  questa
operato, dalla contrattazione collettiva (cosi', ancora, le  sentenze
n. 146 e n. 138 del 2019): l'art. 2, comma 3,  testo  unico  pubblico
impiego, stabilisce,  infatti,  che  «l'attribuzione  di  trattamenti
economici puo' avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi»
e l'art. 45, comma 1, dello stesso  testo  unico  ribadisce  che  «il
trattamento economico fondamentale ed accessorio ... e' definito  dai
contratti collettivi». 
    Inoltre, proprio a seguito  della  privatizzazione  del  pubblico
impiego,  «i  principi  fissati  dalla  legge  statale   in   materia
costituiscono   tipici   limiti   di   diritto    privato,    fondati
sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di
garantire  l'uniformita'  nel  territorio  nazionale   delle   regole
fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti  fra  privati  e,
come tali, si  impongono  anche  alle  regioni  a  Statuto  speciale»
(sentenza n. 154 del 2019; nello stesso senso, sentenze n. 232  e  n.
81 del 2019, n. 234 del 2017, n. 225  e  n.  77  del  2013)»  (enfasi
aggiunte). 
    6.  Ad  avviso  dell'esponente  Patrocinio,   siffatti   principi
giurisprudenziali trovano applicazione anche nel caso di specie. 
    7. E invero, l'applicazione dei principi in  esame  alla  Regione
siciliana non appare affatto preclusa dall'art. 14, lettera q), dello
Statuto di autonomia, approvato con il regio decreto-legge 15  maggio
1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.
2. 
    8. Tale disposizione prevede che «L'assemblea, nell'ambito  della
regione e nei limiti delle leggi costituzionali  dello  Stato,  senza
pregiudizio delle riforme  agrarie  e  industriali  deliberate  dalla
costituente del popolo italiano, ha la legislazione  esclusiva  sulle
seguenti materie: q) stato giudico ed  economico  degli  impiegati  e
funzionati della regione, in ogni caso non  inferiore  a  quello  del
personale dello Stato» (enfasi aggiunte). 
    9. La  norma  statutaria,  quindi,  attribuisce  alla  competenza
legislativa esclusiva della Regione  siciliana  la  disciplina  dello
stato giuridico ed economico dei dipendenti regionali; tuttavia, come
gia' ripetutamente chiarito  da  codesta  eccellentissima  Corte,  la
potesta'  legislativa  regionale  incontra  -  in  virtu'  di  quanto
previsto dallo stesso Statuto di autonomia - i limiti derivanti dalle
norme fondamentali delle riforme economico-sociali  della  Repubblica
(cfr. sentenza n. 172 del 2018). 
    10. Ebbene, nel settore in esame, codesta  eccellentissima  Corte
ha ritenuto - confermando quanto espressamente previsto dall'art.  1,
comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo  2001,  n.
165 - che, per le regioni  a  statuto  speciale  e  per  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano, i  principi  desumibili  dal  citato
testo   unico   costituiscono   norme   fondamentali    di    riforma
economico-sociale  della  Repubblica  e,  in  quanto  tali,  essi  si
impongono anche alla potesta'  legislativa  esclusiva  delle  Regioni
autonome (cfr. sentenze n. 93 del 2019, n. 201 e n. 178 del 2018). 
    11. Per questa ragione, si chiede a codesta eccellentissima Corte
di  dichiarare   costituzionalmente   illegittima   la   disposizione
impugnata, in quanto - nel derogare al  principio  che  riserva  alla
contrattazione collettiva  il  trattamento  economico  del  personale
pubblico «privatizzato», desumibile dagli articoli 2, comma 3, e  45,
comma 1, del decreto legislativo  n.  165  del  2001  -  si  pone  in
evidente contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera  I),  della
Costituzione. 
 
                                 II 
 L'art. 14 della legge della Regione siciliana 15 aprile 2021, n. 9 
 
    12. L'art. 14 della legge della Regione siciliana 15 aprile 2021,
n. 9, stabilisce che - «1. Al personale gia'  trasferito  all'Agenzia
regionale di cui all'art. 7 della legge regionale 22  dicembre  2005,
n. 19 e successive modificazioni,  per  mobilita'  e  transitato  nei
ruoli dell'amministrazione regionale  in  applicazione  dell'art.  9,
comma 2, della legge regionale 16 dicembre 2008, n. 19  e  successive
modificazioni  e'  riconosciuta,  con  effetti  economici  decorrenti
dall'1° gennaio 2021, l'anzianita' di  servizio  prestato  presso  le
amministrazioni  di  provenienza.  Tale  servizio  e'  equiparato   a
servizio prestato presso l'amministrazione regionale. 
      2. Per le finalita' di cui al comma 1 e' autorizzata,  per  gli
esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023, la spesa annua di € 497.242,00
(missione  1,   programma   10,   capitolo   108157).   A   decorrere
dall'esercizio finanziario 2024 si provvede ai  sensi  del  comma  1,
dell'art. 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118». 
    13. La norma in esame  riconosce  al  personale  gia'  trasferito
all'Agenzia di cui all'art. 7 della legge regionale n. 19 del 2005  e
- successivamente - transitato per mobilita' nei ruoli della regione,
l'anzianita' di servizio maturata presso gli enti di provenienza, con
effetti economici decorrenti dal 1°  gennaio  2021.  La  disposizione
puntualizza altresi' che il servizio  prestato  presso  gli  enti  di
provenienza e' equiparato a quello prestato presso  l'amministrazione
regionale. 
    14. Ebbene, la disciplina introdotta dal legislatore regionale si
pone anzitutto in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. 
    15.  Al  fine  di  dimostrare  la  violazione  del  principio  di
uguaglianza desumibile dal citato art. 3 -  direttamente  applicabile
anche alle regioni autonome  in  quanto  rientrante  fra  i  principi
fondamentali del nostro ordinamento giuridico-costituzionale,  appare
necessario svolgere alcune sintetiche  considerazioni  sulle  vicende
normative che hanno riguardato l'Agenzia regionale per i rifiuti e le
acque («ARRA»). 
    16. La predetta Agenzia e' stata istituita  con  l'art.  7  della
legge regionale 22 dicembre 2005, n.  19.  Tale  disposizione  -  per
quanto d'interesse in questa sede - statuiva quanto segue  -  «1.  Al
fine di assicurare una efficiente, efficace e coordinata gestione  in
materia  di  acque  e  rifiuti  in  Sicilia  e'  istituita  l'Agenzia
regionale peri rifiuti e le acque, ente strumentale della  regione  e
di seguito denominata  «Agenzia»,  con  sede  in  Palermo,  che  puo'
dotarsi di strutture sul territorio. 
      2. L'Agenzia e' dotata di personalita' giuridica  pubblica,  di
autonomia  tecnica,  organizzativa,  gestionale,   amministrativa   e
contabile ed e' posta  sotto  la  vigilanza  della  Presidenza  della
regione, da cui promanano gli indirizzi programmatici. 
      3.  L'Agenzia,  quale  autorita'  di  regolazione  dei  servizi
idrici, dei servizi di gestione integrata dei rifiuti e  di  bonifica
dei  siti  inquinati  deve  assolvere  a  funzioni  di  indirizzo   e
coordinamento dell'attivita'  di  tutti  gli  Enti  che  operano  nel
settore  delle  acque  esercitando  altresi'   forme   di   controllo
efficienti ed efficaci [...] 
      7. Per l'esercizio delle attivita' di cui al presente  articolo
sono trasferite all'agenzia le competenze nelle materie  indicate  ai
commi 3 e 4, attribuite da  disposizioni  normative  a  singoli  rami
dell'amministrazione regionale  e  ad  enti  sottoposti  a  tutela  e
vigilanza della regione. In sede di prima attuazione il personale  di
ruolo in servizio alla data  di  approvazione  della  presente  legge
presso i dipartimenti e uffici regionali interessati allo spostamento
di attribuzioni previste dal presente articolo, nonche' il  personale
di  ruolo  dell'amministrazione  regionale  utilizzato,  sempre  alla
stessa data, dall'ufficio del commissario  delegato  per  l'emergenza
idrica  e  dall'ufficio  del  commissario  delegato  per  l'emergenza
rifiuti  e  tutela  delle  acque  in  Sicilia,  puo',  a  domanda  da
presentarsi entro quarantacinque giorni dall'entrata in vigore  della
presente   legge,   transitare   all'agenzia.   Transitano   altresi'
all'agenzia dighe e opere idrauliche connesse, beni mobili,  macchine
ed attrezzature, nonche' eventuali immobili, nella disponibilita',  a
qualsiasi titolo, degli enti ed uffici le ad  competenze  sono  state
attribuite all'agenzia stessa. 
      8. Al personale dell'agenzia si applica lo stato giuridico e il
trattamento economico del personale dell'amministrazione regionale». 
    Successivamente l'art. 9 della legge regionale 16 dicembre  2008,
n. 19, ha disposto che «1. L'art. 7 della legge regionale 22 dicembre
2005, n. 19 e successive modifiche ed integrazioni, e' soppresso. 
    2. Le funzioni e i compiti esercitati dall'agenzia  regionale  di
cui all'art. 7 della legge regionale n. 19 del  22  dicembre  2005  e
successive modifiche ed  integrazioni,  unitamente  al  personale  in
servizio presso la stessa alla data di entrata in vigore delle  nuove
competenze assessoriali, sono  trasferiti  all'assessorato  regionale
dell'energia e - dei servizi di pubblica utilita'.  Il  personale  in
servizio mantiene la  medesima  posizione  giuridica,  con  eccezione
degli incarichi dirigenziali. 
    3. L'assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica
utilita' cura la liquidazione conseguente alla soppressione di cui al
comma 1». 
    La norma, quindi, ha previsto  il  trasferimento  all'Assessorato
regionale  dell'energia  e  dei  servizi  di  pubblica  utilita'  del
personale precedentemente in servizio presso l'agenzia regionale  per
i rifiuti e le acque. 
    17. Tale trasferimento ha dato luogo - di fatto -  ad  un'ipotesi
di mobilita', che  -  secondo  la  giurisprudenza  ordinaria  -  «non
qualifica un particolare tipo contrattuale civilistico, ma solamente,
nel campo  pubblicistico,  un  particolare  strumento  attuativo  del
trasferimento del personale,  da  una  amministrazione  ad  un'altra,
trasferimento   caratterizzato   da   una   modificazione   meramente
soggettiva del rapporto e condizionato da vincoli precisi concernenti
la conservazione dell'anzianita', della qualifica e  del  trattamento
economico, che e' inquadrabile nella fattispecie  della  cessione  di
contratto disciplinata dall'art. 1406  del  codice  civile  e  segg.,
visto che comporta il trasferimento soggettivo del complesso unitario
di diritti ed obblighi derivanti dal  contratto,  lasciando  immutati
gli elementi oggettivi essenziali»  (cfr.,  ex  plurimis,  cassazione
civile, sezione lavoro, ordinanza del 23 febbraio 2018, n. 4435). 
    18. Ebbene, la norma oggetto di censura introduce - rispetto alla
disciplina generale della mobilita' nel pubblico impiego - un  regime
di favore per  gli  ex  dipendenti  dell'ARRA,  perche'  consente  ai
medesimi di «recuperare» l'anzianita' di servizio maturata  prima  di
essere assunti presso la predetta Agenzia. Cio' a  prescindere  dalla
natura giuridica pubblica o privata dell'originario datore di  lavoro
e dai servizi concretamente prestati presso di esso. 
    19. In altri termini, la norma impugnata consente al personale in
questione   di   conseguire   il   beneficio    del    riconoscimento
dell'anzianita' pregressa all'assunzione presso l'ARRA, anche  se  la
prestazione lavorativa era stata precedentemente svolta in favore  di
soggetti privati (come, ad esempio, le societa' in house) e  finanche
se la predetta prestazione lavorativa non era assimilabile  in  alcun
modo alle mansioni successivamente svolte presso l'Agenzia. 
    20. Si tratta, quindi, di una disposizione  che  -  senza  alcuna
oggettiva giustificazione - introduce un regime di favore per gli  ex
dipendenti dell'ARRA, rispetto a tutti gli altri dipendenti pubblici,
ivi inclusi gli altri dipendenti regionali. 
    21. In particolare, rispetto a questi ultimi, la norma in esame -
nel riconoscere l'anzianita' di servizio maturata prima del passaggio
nei ruoli dell'ARRA - determina effetti palesemente  irragionevoli  e
discriminatori. Essa,  infatti,  consente  al  personale  proveniente
dall'Agenzia di sopravanzare in ruolo gli altri dipendenti  regionali
con  maggiore  anzianita'  nei   ruoli   della   Regione   siciliana,
sovvertendo  i  criteri  previsti  dall'accordo  integrativo  del   9
dicembre 2019 relativo alle progressioni  economiche  orizzontali  in
ambito regionale. 
    22. Difatti, l'accordo  in  questione  prevede  espressamente  la
valutazione, con distinti  punteggi,  delle  seguenti  anzianita'  di
servizio maturate presso pubbliche amministrazioni: 
      a) anzianita' nella posizione; 
      b) anzianita' di ruolo presso l'amministrazione regionale; 
      c) anzianita' non di ruolo; 
      d) anzianita' di ruolo presso altre pubbliche amministrazioni. 
    23.  Ebbene,  la  norma  censurata  consente  -  per  i  soli  ex
dipendenti dell'ARRA - di prendere in considerazione, ai  fini  delle
progressioni di carriera, anche periodi di servizio  non  contemplati
dalla  predetta  previsione  contrattuale,  come  -  ad   esempio   -
anzianita' maturata presso  enti  aventi  personalita'  giuridica  di
diritto privato. 
    24. Per questa ragione, si ritiene che la disposizione  censurata
introduca  un  irragionevole  trattamento  di  favore  per   gli   ex
dipendenti dell'ARRA, che si pone evidentemente in contrasto  con  il
principio di uguaglianza desumibile dall'art. 3 della Costituzione. 
    25. In  secondo  luogo,  la  norma  impugnata  produce  anche  un
ulteriore effetto: quello di riconoscere agli ex dipendenti dell'ARRA
un miglioramento del trattamento economico fondamentale e  accessorio
non contemplato dalla  contrattazione  collettiva;  e  quindi,  sotto
questo aspetto, viola - per le medesime ragioni indicate nel  capo  I
del presente atto - altresi' l'art. 117, comma 2, lettera  l),  della
Costituzione. 
    26. E invero, il riconoscimento dell'anzianita' pregressa  incide
anzitutto sul trattamento economico fondamentale, in quanto  comporta
l'attribuzione «ora per allora»  delle  progressioni  di  carriera  e
degli avanzamenti di fascia economica, cui  necessariamente  consegue
anche l'incremento della retribuzione tabellare. 
    27. Inoltre,  la  norma  censurata  influisce  evidentemente  sul
livello  della  «retribuzione  individuale  di  anzianita'»  prevista
dall'art. 81, comma 1, lettera c), del Contratto collettivo regionale
di lavoro del compatto non dirigenziale  della  Regione  siciliana  e
degli enti di cui all'art. 1 della legge regionale 15 maggio 2000, n.
10, stipulato il 9 maggio 2019 e pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale
della Regione siciliana n. 24 del 24  maggio  2019,  in  quanto  essa
modifica  proprio  il  parametro   dell'anzianita',   al   quale   e'
commisurato l'elemento retributivo in esame. 
    28. Dunque, l'intervento normativo regionale incide - ab  externo
rispetto alle disposizioni del contratto collettivo di lavoro  -  sia
sul livello della retribuzione fondamentale  sia  sul  livello  della
retribuzione accessoria degli ex dipendenti dell'ARRA, consentendo  a
questi ultimi di accedere ad un trattamento economico di  favore  non
previsto direttamente dalla contrattazione collettiva. 
    29. La disposizione impugnata, quindi, deroga  al  principio  che
riserva alla contrattazione collettiva il trattamento  economico  del
personale pubblico «privatizzato», desumibile dagli arti. 2, comma 3,
e 45, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001,  ponendosi  -
per l'effetto - in contrasto con l'art. 117, secondo  comma,  lettera
1),  della  Costituzione,  che  riserva  allo  Stato  la   competenza
legislativa esclusiva in materia di «ordinamento civile». 
    30. Peraltro, come evidenziato nel  capo  I  del  presente  atto,
l'incostituzionalita' dell'articolo censurato non  e'  esclusa  dalla
previsione  di  cui  all'art.  14,  lettera  q),  dello  Statuto   di
autonomia,  giacche'  la  competenza   legislativa   esclusiva,   ivi
prevista, in materia di «stato giuridico ed economico» del  personale
regionale incontra i limiti derivanti dalle norme fondamentali  delle
riforme economico-sociali della Repubblica, quali sono - appunto -  i
principi desumibili  dal  testo  unico  del  pubblico  impiego  (cfr.
sentenze n. 16 del 2020, n. 93 del 2019, n. 201, n. 178 e n. 172  del
2018). 
    31. La circostanza per la quale il riconoscimento dell'anzianita'
pregressa  determina  necessariamente  anche  un   incremento   della
retribuzione del personale proveniente dall'Agenzia regionale  per  i
rifiuti  e  le  acque  e'  confermato  dal  comma  2  della  medesima
disposizione oggetto di censura. 
    32. Tale comma - infatti -  individua  la  copertura  finanziaria
degli  oneri  economici  derivanti  dall'applicazione  del  comma  1,
prevedendo che «2. Per le finalita' di cui al comma 1 e' autorizzata,
per gli esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023, la spesa  annua  di  €
497.242,00 (Missione 1, Programma 10, capitolo 1081 57). A  decorrere
dall'esercizio finanziario 2024 si provvede  ai  sensi  del  comma  1
dell'art. 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118». 
    33. Ebbene, tale disposizione - oltre a confermare la  fondatezza
dei vizi di legittimita' costituzionale prospettati nei paragrafi che
precedono  -  rivela  un  ulteriore  profilo  di  incostituzionalita'
dell'art. 14. 
    34. Difatti, gli oneri  finanziari  derivanti  dal  comma  1  del
predetto articolo, cosi' come accade per gli  stanziamenti  destinati
ai  rinnovi  contrattuali,  cui   essi   vanno   inevitabilmente   ad
aggiungersi,  hanno   la   natura   giuridico-contabile   di   «spese
obbligatorie»,  in  quanto  corrisposte   ai   beneficiari   in   via
continuativa. 
    35. Ebbene, al fine di garantire la copertura  finanziaria  delle
maggiori spese derivanti per il bilancio regionale dalla disposizione
censurata, il comma 2 - per gli anni dal 2021 al 2023  -  stanzia  un
importo annuale di € 497.242,00. Ma,  con  decorrenza  dall'esercizio
finanziario 2024, stabilisce che «si provvede ai sensi  del  comma  1
dell'art. 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118». 
    36. Tuttavia, la disposizione richiamata stabilisce  che  «1.  Le
leggi  regionali  che  prevedono  spese  a   carattere   continuativo
quantificano l'onere annuale previsto  per  ciascuno  degli  esercizi
compresi nel bilancio di  previsione  e  indicano  l'onere  a  regime
ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese obbligatorie,  possono
rinviare le quantificazioni dell'onere annuo alla legge di  bilancio»
(enfasi aggiunte). 
    37. Nel caso di specie, le  spese  derivanti  dal  riconoscimento
della pregressa anzianita'  di  servizio  degli  ex  dipendenti  ARRA
costituiscono - per le ragioni sopra indicate -  «spese  a  carattere
continuativo».  Pertanto,  la  norma  impugnata  non  avrebbe  potuto
rinviare - per la quantificazione dell'onere annuo -  alla  legge  di
bilancio, ma avrebbe dovuto indicare l'onere a regime. 
    38. Ne consegue l'evidente violazione dell'art. 38, comma 1,  del
decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante «Disposizioni  in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili  e  degli  schemi  di
bilancio delle regioni, degli enti locali e  dei  loro  organismi,  a
norma degli articoli 1 e 2 della legge  5  maggio  2009,  n.  42»;  e
quindi, per il tramite di esso, dell'art. 117, comma 2,  lettera  e),
della Costituzione, che riserva alla competenza legislativa esclusiva
dello Stato la materia concernente  la  «armonizzazione  dei  bilanci
pubblici». 
    39. Si evidenzia, infine, che non si rinvengono nello Statuto  di
autonomia della Regione siciliana norme che  potrebbero  giustificare
la disciplina normativa introdotta dal legislatore  regionale.  Anzi,
il rinvio effettuato dalla stessa disposizione  censurata  al  citato
art. 38, ne conferma l'applicabilita' anche alla  Regione  siciliana,
in quanto disposizione  adottata  dallo  Stato  in  attuazione  della
propria   competenza   legislativa   esclusiva    in    materia    di
«armonizzazione dei bilanci pubblici» di cui all'art. 117,  comma  2,
lettera e), della Costituzione. 
 
                                 III 
 L'art. 36 della legge della Regione siciliana 15 aprile 2021, n. 9 
 
    40. L'art. 36, recante «Norme in  materia  di  stabilizzazione  e
fuoriuscita personale ASU», dispone che - «1. A decorrere dalla  data
di entrata in vigore della presente  legge,  ai  lavoratori  inseriti
nell'elenco di cui all'art. 30, comma 1,  della  legge  regionale  28
gennaio 2014 n. 5, si applicano le disposizioni di cui  ai  commi  da
292 a 296 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178. 
      2. I soggetti di cui al comma 1,  possono  essere  stabilizzati
dagli enti utilizzatori a tempo indeterminato anche con contratti  di
lavoro a tempo parziale,  secondo  i  parametri  contrattuali  minimi
previsti dalla legge e dal Contratto collettivo nazionale del  lavoro
di riferimento. Entro novanta giorni dalla data di entrata in  vigore
della  presente  legge   il   dipartimento   regionale   del   lavoro
dell'impiego,  dell'orientamento,  dei  servizi  e  delle   attivita'
formative provvede all'assegnazione dei soggetti di cui  al  comma  1
che svolgono attivita' socialmente utili in virtu'  di  protocolli  o
convenzioni. 
      3. I soggetti inseriti nell'elenco di cui al  comma  1  possono
optare, in alternativa alla partecipazione alle attivita' socialmente
utili per il triennio 2021-2023, per la  fuoriuscita  definitiva  dal
bacino di appartenenza a fronte della corresponsione di un'indennita'
onnicomprensiva d'importo corrispondente a cinque  anni  dell'assegno
di utilizzazione in ASU. La suddetta indennita'  e'  erogata  per  un
periodo non superiore  agli  anni  necessari  al  raggiungimento  dei
requisiti di pensionabilita' e per un massimo di cinque anni,  ed  e'
corrisposta in rate annuali. Ai fini dell'applicazione  del  presente
comma, entro sessanta giorni dalla data di entrata  in  vigore  della
presente legge, il dipartimento regionale del  lavoro,  dell'impiego,
dell'orientamento, dei servizi e delle attivita'  formative  provvede
ad effettuare una ricognizione del personale presente nell'elenco  di
cui all'art. 30, comma 1, della legge regionale n. 5/2014. 
      4. I soggetti che abbiano optato per la fuoriuscita dall'elenco
di cui all'art. 30, comma 1, della legge regionale n. 5/2014 ai sensi
del comma 2 dell'art. 4 della legge regionale 29 dicembre 2016, n. 27
e successive modificazioni, che non  abbiano  percepito  l'indennita'
all'uopo prevista, possono a domanda,  entro  sessanta  giorni  dalla
data di entrata in vigore della presente legge, richiedere di  essere
riammessi nel citato elenco di cui all'art. 30, comma 1, della  legge
regionale n. 5 / 2014. 
      5. Il termine di cui  al  comma  2  dell'art.  15  della  legge
regionale 16 ottobre  2019,  n.  17,  come  modificato  dal  comma  4
dell'art. 4 della  legge  regione;  le  12  maggio  2020,  n.  9,  e'
prorogato al 31 ottobre 2021. 
      6. Per le assunzioni di cui al presente articolo,  a  decorrere
dalla data di assunzione, e' riconosciuto su base annua un contributo
per   ciascun   soggetto   stabilizzato,   parametrato    all'importo
dell'assegno  di  utilizzazione  in  ASU  corrisposto  alla  data  di
assunzione, maggiorato per tenere conto del maggior  costo  sostenuto
per  l'assunzione  a  tempo  indeterminato  con  contratto  a   tempo
parziale, entro il limite dell'autorizzazione di spesa  prevista  dal
comma 7. 
      7. Per le finalita' di cui al presente articolo e'  autorizzata
la spesa di 10.000 migliaia di euro per l'esercizio finanziario  2021
e la spesa annua  di €  54.159.248,56  per  ciascuno  degli  esercizi
finanziari 2022 e 2023 (Missione 20, Programma 3), comprensiva  delle
somme  occorrenti  per  l'eventuale  prosecuzione   delle   attivita'
socialmente utili dei medesimi soggetti di cui al comma  1,  disposta
nel rispetto della normativa vigente, nonche'  di  quelle  occorrenti
per le finalita' di cui al comma 10,  da  iscrivere  in  un  apposito
Fondo del dipartimento del bilancio e tesoro. Agli oneri  di  cui  al
presente comma per la quota parte di  10.000  migliaia  di  euro  per
ciascun anno del biennio 2021-2023 si provvede mediante riduzione dei
trasferimenti di cui all'art. 6 della legge  regionale  n.  5/2014  e
successive modificazioni (Missione 18, Programma 1, capitolo 191301).
A decorrere dall'esercizio finanziario 2024 si provvede ai sensi  del
comma 1 dell'art. 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e
successive modificazioni. 
      8. Per l'anno 2021, la quota parte del  contributo  di  cui  al
comma 6 parametrato all'assegno di utilizzazione in ASU e' assicurata
a valere sull'autorizzazione di spesa di cui  all'art.  8,  comma  4,
della legge regionale 22 febbraio 2019, n. 1. 
      9.  Con  decreto  del  ragioniere  generale,  su  proposta  del
dipartimento regionale del lavoro,  dell'impiego,  dell'orientamento,
dei servizi e delle attivita' formative, previa delibera della giunta
regionale, sono operate le conseguenti variazioni di bilancio. 
      10. Al  fine  di  favorire  la  piena  efficacia  dell'impianto
regolatorio di cui al comma 1, e' altresi' incentivata la fuoriuscita
dei soggetti attualmente impegnati in attivita' socialmente utili che
hanno maturato i requisiti minimi previsti dalla normativa  nazionale
per il pensionamento. Per tale finalita', il  dipartimento  regionale
del lavoro, dell'impiego,  dell'orientamento,  dei  servizi  e  delle
attivita'  formative  e'  autorizzato  ad  erogare,  a  domanda,   la
differenza ira quanto erogato dall'INPS a titolo di assegno sociale e
quanto  previsto  dall'assegno  di  sussidio  per  A.S.U.  sino  alla
maturazione dei requisiti minimi previsti dalla normativa vigente per
l'accesso al trattamento di quiescenza. 
      11. Gli enti che abbiano gia'  provveduto  alla  trasformazione
dei contratti dei soggetti gia' impegnati  in  attivita'  socialmente
utili sono autorizzati ad avviare le procedure di stabilizzazione». 
    41. La predetta disposizione, al comma 1, estende  l'applicazione
delle misure di cui all'art. 1, commi da 292 a 296,  della  legge  30
dicembre 2020 n. 178,  ai  lavoratori  inseriti  nell'elenco  di  cui
all'art. 30, comma 1, della legge regionale 28 gennaio 2014; n. 5. 
    42.  Nello  specifico,  la  disposizione  e'  volta  a   favorire
l'assunzione a tempo indeterminato delle categorie di  lavoratori  di
cui agli articoli 2, comma 1, del  decreto  legislativo  28  febbraio
2000, n.  81  (i.e.  i  soggetti  impegnati  in  progetti  di  lavori
socialmente utili) e 3, comma 1, del  decreto  legislativo  7  agosto
1997, n. 280  (i.e.  i  soggetti  impegnati  in  lavori  di  pubblica
utilita'). 
    43. A tal fine, essa estende, il regime delle assunzioni a  tempo
indeterminato previsto dall'art. 1, commi 292-296, della legge n. 178
del 2020 -  in  favore  dei  «lavoratori  socialmente  utili  di  cui
all'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n.  81
(LSU: n.d.r.), e all'art. 3,  comma  1,  del  decreto  legislativo  7
agosto 1997, n.  280  (LPU:  n.d.r.),  nonche'  dei  lavoratori  gia'
rientranti nell'abrogato art. 7 del decreto legislativo  1°  dicembre
1997, n. 468 (lavoratori percettori di trattamento  straordinario  di
integrazione  salariale:  n.d.r.),  e  dei  lavoratori  impegnati  in
attivita' di pubblica utilita', anche mediante contratti di lavoro  a
tempo  determinato  o  contratti  di  collaborazione   coordinata   e
continuativa nonche' mediante altre tipologie contrattuali»  -  anche
ai lavoratori inseriti nell'elenco di cui all'art. 30, comma 1, della
legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5, il  quale  -  a  sua  volta  -
ricomprende  sia  titolari  di  contratto  a  tempo  determinato  sia
soggetti utilizzati in attivita' socialmente utili. 
    44. Nel dettaglio, l'art. 1, comma 292, della legge  n.  178  del
2020 disciplina - con riferimento all'anno 2021  -  le  modalita'  di
assunzione a tempo indeterminato dei  lavoratori  socialmente  utili,
disponendo  che  le  amministrazioni  pubbliche   utilizzatrici   del
predetto personale possono procedere con le assunzioni alle  seguenti
condizioni: 
      a)  «possesso  da  parte  dei  lavoratori  dei   requisiti   di
anzianita' previsti dall'art. 4, comma 6, del decreto-legge 31 agosto
2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge  30  ottobre
2013, n.  125,  ovvero  dall'art.  20,  commi  1  e  2,  del  decreto
legislativo 25 maggio 2017, n.  75,  o  svolgimento  delle  attivita'
socialmente utili o di pubblica utilita' per il medesimo  periodo  di
tempo»; 
      b) «assunzione secondo  le  modalita'  previste  dall'art.  20,
comma  1,  del  decreto  legislativo  25  maggio  2017,  n.  75,  dei
lavoratori che siano stati previamente individuati, in relazione alle
medesime attivita' svolte, con procedure  selettive  pubbliche  anche
espletate  presso  amministrazioni  diverse  da  quella  che  procede
all'assunzione, salvo quanto previsto dalle lettere a), c) e  d)  del
presente comma»; 
      c) «espletamento di  selezioni  riservate,  mediante  prova  di
idoneita', ai lavoratori che non siano stati previamente individuati,
in relazione alle medesime attivita' svolte, con procedure  selettive
pubbliche anche espletate presso amministrazioni  diverse  da  quella
che procede all'assunzione, salvo quanto previsto dalle  lettere  a),
b) e d) del presente comma»; 
      d) «assunzione secondo  le  modalita'  previste  dall'art.  20,
commi l e 2, del decreto legislativo  25  maggio  2017,  n.  75,  dei
lavoratori  utilizzati  mediante  contratti   di   lavoro   a   tempo
determinato o contratti di collaborazione coordinata  e  continuativa
nonche' mediante altre tipologie contrattuali, fermo restando  quanto
diiposto dalle lettere a), b) e c) del presente compia». 
    45.  Ebbene,  la  disposizione  censurata   -   pur   richiamando
formalmente l'art. 1, commi 292-296, della legge n. 178 del 2020 - se
ne discosta sensibilmente,  in  quanto  non  chiarisce  le  modalita'
attraverso cui saranno osservati i vincoli e  i  requisiti  richiesti
dal legislatore nazionale  per  procedere  alla  stabilizzazione  del
personale precario. 
    In altri termini,  la  predetta  disposizione  non  offre  alcuna
garanzia circa il fatto  che  la  stabilizzazione  del  personale  in
questione   sia   effettivamente   condotta   nel   rispetto    delle
condizionalita' poste dalla normativa statale. 
    46.  Peraltro,  si  evidenzia  che   l'ambito   di   applicazione
soggettivo della normativa regionale diverge in modo significativo da
quello  della  normativa   statale   formalmente   richiamata   nella
disposizione de qua. 
    Difatti, la norma regionale si rivolge ad  una  platea  di  circa
4.571 soggetti, percettori di un'indennita' mensile  di  sostegno  al
reddito, il cui impiego da parte della regione e dei  Comuni  avviene
in base a convenzioni e protocolli; e quindi, non  in  virtu'  di  un
contratto di lavoro. 
    Si tratta  di  una  circostanza  che  differenzia  fortemente  la
procedura di stabilizzazione prevista dal citato art. 36  rispetto  a
quella prevista dal comma 292, la quale si  riferisce  esclusivamente
ai lavoratori «LSU» e «LPU» che siano - tuttavia - gia'  titolari  di
un rapporto di lavoro con l'amministrazione pubblica. 
    47. Si ritiene - pertanto - che la disposizione in esame si ponga
anzitutto in contrasto con l'art. 117, comma  2,  lettera  l),  della
Costituzione, che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello
Stato la materia dell'ordinamento civile». 
    48.  Ed  invero,  codesta  eccellentissima  Corte  si   e'   gia'
pronunciata su  un'analoga  normativa  della  Regione  siciliana  che
prevedeva il transito  dei  soggetti  in  esame  verso  una  societa'
controllata    dal    medesimo    ente    regionale,    dichiarandone
l'illegittimita' costituzionale per violazione del predetto parametro
costituzionale. 
    49. In particolare,  nella  sentenza  n.  194  del  2020,  si  e'
affermato che «nel delineare i confini tra cio'  che  e'  ascrivibile
alla  materia  «ordinamento  civile»   e   cio'   che,   invece,   e'
riconducibile alla competenza legislativa residuale regionale,  [...]
sono da ricondurre alla prima «gli  interventi  legislativi  che  ...
dettano misure relative a rapporti  lavorativi  gia'  in  essere  (ex
multis, sentenze n. 251 e 186 del 2016 e n. 180 del 2015)»  (sentenza
n.  32  del  2017)  e  rientrano,  invece  nella   seconda,   profili
pubblicistico  -  organizzativi  dell'impiego   pubblico   regionale»
(sentenze n. 241 del 2018 e n. 149  del  2012;  nello  stesso  senso,
sentenze n. 191 del 2017 e n. 63 del 2012)». 
    50. Nella  medesima  sentenza,  si  e'  anche  chiarito  che  «la
regolamentazione  delle  modalita'  di  accesso  al  lavoro  pubblico
regionale   e'   riconducibile   alla   materia   dell'organizzazione
amministrativa delle  Regioni  e  degli  enti  pubblici  regionali  e
rientra nella competenza residuale delle Regioni di ari all'art. 117,
quarto comma, della Costituzione». 
    51.  Tuttavia,  codesta  eccellentissima  Corte  ha  escluso  che
ricorresse la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia
di «ordinamento civile» soltanto nei casi in cui la  norma  impugnata
«spiega la sua e efficacia nella fase anteriore all'instaurazione del
contratto di lavoro e incide in modo diretto sul comportamento  delle
amministrazioni nell'organizzazione delle  proprie  risorse  umane  e
solo in via riflessa  ed  eventualmente  sulle  posizioni  soggettive
(sentenza n. 235 del 2010)» (sentenza n. 241 del 2018). 
    52. Pertanto, si e' precisato che «deve  ritenersi  integrata  la
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., quando la
disciplina regionale,  consentendo  la  trasformazione  di  contratti
precari di lavoratori in rapporti di lavoro  a  tempo  indeterminato,
incide sulla regolamentazione del rapporto precario gia' in  atto  e,
in particolare, sugli aspetti connessi alla durata  del  rapporto,  e
determina, al contempo, la costituzione di altro rapporto  giuridico,
ovvero il rapporto di  lavoro  a  tempo  indeterminato,  destinato  a
sorgere proprio per effetto della stabilizzazione»  (sentenza  n.  51
del 2012, enfasi aggiunte). 
    53. Si e' altresi' chiarito  che  cio'  e'  vero  anche  per  una
regione ad autonomia speciale, quale la Regione siciliana, stante «la
riconducibilita' della  regolamentazione  del  rapporto  di  pubblico
impiego privatizzato ovvero contrattualizzato,  ivi  compreso  quello
relativo al personale delle Regioni a statuto speciale, alla  materia
«ordinamento civile» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera  l),
Cost.» (cfr., ex plurimis, sentenze n. 16 del 2020, n. 81  del  2019,
n. 172 del 2018, n. 257 del 2016, n. 211 del 2014, n. 151 del 2010  e
n. 189 del 2007). 
    54. Dunque, dai principi di diritto appena enunciati si  trae  la
regola per  la  quale  e'  inibito  alle  regioni,  anche  a  statuto
speciale, e alle Province autonome di Trento e Bolzano di  introdurre
nell'ordinamento regionale o provinciale forme di stabilizzazione del
personale precario che non siano sussumibili entro le previsioni gia'
previste - a livello nazionale - dal legislatore statale. 
    55. Difatti, nella richiamata sentenza n. 194 del  2020,  codesta
eccellentissima Corte ha fatto espressamente  salva  la  possibilita'
perla Regione siciliana di definire  «in  altro  modo  tale  transito
quanto agli aspetti economici e normativi: non gia' sulla base  della
norma regionale  qui  dichiarata  costituzionalmente  illegittima  in
parte qua, bensi' nel rispetto e in applicazione, quanto  ai  profili
di ordinamento civile, della normativa statale dettata in particolare
dal decreto legislativo n. 175 del 2016 e  segnatamente  dagli  arti.
19, 20 e 25» (enfasi aggiunte). 
    56. Ebbene, nel caso di specie, la procedura  di  stabilizzazione
prevista dal citato art. 36 si discosta sensibilmente  -  come  sopra
precisato - dalle previsioni recate  dal  legislatore  nazionale,  in
quanto essa: 
      a) prescinde dalla sussistenza dei requisiti previsti dall'art.
1, comma 292, della legge n. 178 del 2020; e, comunque, 
      b)  si  rivolge  a  destinatari  diversi  da  quelli  presi  in
considerazione dal legislatore nazionale, vale a dire a soggetti  che
non hanno ancora stipulato un contratto di lavoro, sia pure precario,
con gli enti locali, ma  sono  impiegati  da  questi  sulla  base  di
protocolli oppure convenzioni stipulate direttamente con  la  Regione
siciliana. 
    57. Si ritiene, quindi, che - analogamente al caso gia' deciso da
codesta  eccellentissima  Corte  -anche  nella  presente  fattispecie
ricorra una violazione dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  l),
della Costituzione. 
    58. Peraltro, nel caso di specie, la diposizione impugnata  esula
in modo particolarmente evidente dalla materia  «stato  giuridico  ed
economico degli impiegati e funzionari della regione», riservata alla
competenza legislativa esclusiva della Regione siciliana dall'art. 14
lettera q), dello Statuto di autonomia, dato che l'assunzione a tempo
indeterminato dei soggetti  in  questione  e'  prevista  presso  enti
diversi dalla regione. 
    Si tratta - in particolare - dei comuni, la cui organizzazione e'
regolata dalla legislazione statale e, in  particolare,  dal  decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonche' - in materia di personale
- dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e - per gli  aspetti
concernenti il superamento del precariato - dall'art. 20 del  decreto
legislativo 25 maggio 2017, n. 75, nonche' - in materia di assunzione
del personale in base alla sostenibilita' finanziaria - dall'art. 33,
comma 2, del decreto-legge 30 aprile  2019,  n.  34,  convertito  con
modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58. 
    59. Dunque, la norma impugnata - non essendo  riconducibile  alle
competenze legislative riservate  dallo  Statuto  di  autonomia  alla
Regione siciliana - si pone, anche sotto tale ulteriore  profilo,  in
evidente contrasto sia con l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  l),
della Costituzione sia con l'art. 14  lettera  q)  dello  Statuto  di
autonomia. 
    60. Il citato art. 36 viola - peraltro - anche l'art.  81,  terzo
comma, della Costituzione. Al  riguardo,  occorre  premettere  quanto
segue. 
    61. La normativa statale di cui all'art.  1,  commi  292  -  296,
della legge 30 dicembre 2020 n. 178, prevede le  assunzioni  a  tempo
indeterminato dei soggetti che hanno gia' instaurato un  rapporto  di
lavoro  subordinato  a  tempo  determinato  oppure  un  contratto  di
collaborazione  coordinata  e  continuativa  ovvero  altre  tipologie
contrattuali con i Comuni, autorizzati - quindi - a procedere con  la
loro stabilizzazione. 
    62. La norma impugnata, al contrario, si rivolge a  soggetti  che
non hanno ancora stipulato  un  contratto  di  lavoro  con  gli  enti
locali, ma vengono impiegati  da  questi  sulla  base  di  protocolli
oppure convenzioni stipulate direttamente con la  Regione  siciliana,
percependo  un'indennita'  mensile  che  costituisce  una  forma   di
«sostegno al reddito». 
    63. La norma regionale - al comma 2 - dispone che  tali  soggetti
siano stabilizzati  dagli  enti  utilizzatori,  secondo  i  parametri
contrattuali minimi previsti dalla legge e dal  Contratto  collettivo
nazionale del lavoro di riferimento,  e  al  fine  di  finanziare  le
predette spese sono stanziate delle risorse regionali,  in  relazione
alle quali - pero' - vengono  predeterminati  dei  limiti  finanziari
inidonei a garantirne l'integrale copertura. 
    64. Ne deriva che - per i comuni - le predette assunzioni a tempo
indeterminato   comporteranno   un   consolidamento   strutturale   e
permanente delle corrispondenti  spese  di  personale,  dato  che  la
stabilizzazione in ruolo dei soggetti in  esame  determina  un  onere
economico complessivo particolarmente elevato,  considerando  che  lo
status di dipendente di ruolo comporta a carico dei comuni  l'obbligo
di  corresponsione  del   trattamento   economico   fondamentale   ed
accessorio contrattualmente previsto  (ivi  compresa  la  tredicesima
mensilita'), cui vanno aggiunti  gli  oneri  riflessi  a  carico  del
datore di lavoro. 
    65. Ebbene, a fronte  di  tale  onere,  la  norma  impugnata  non
prevede una copertura finanziaria integrale. Nel dettaglio, il  comma
6 del citato art. 36  prevede  che  agli  enti  che  stabilizzano  il
personale in questione e' riconosciuto su base  annua  un  contributo
parametrato  all'importo  dell'assegno  di  utilizzazione   di   tali
soggetti. Tale contributo e' maggiorato per  tener  conto  del  costo
sostenuto per l'assunzione a tempo indeterminato, ma  comunque  entro
il limite dell'autorizzazione di spesa prevista dal comma 7. 
    66. E' evidente - quindi - come, in assenza  di  una  dettagliata
relazione  tecnica  e/o  degli  elementi  dimostrativi  degli   oneri
derivanti dalla predetta procedura di stabilizzazione,  la  copertura
finanziaria prevista dal comma 7 del citato art.  36  sia  del  tutto
inadeguata per  far  fronte  all'onere  complessivo  derivante  dalla
stabilizzazione del personale in esame: con  conseguente  violazione,
sotto questo profilo, dell'art. 81 Cost. posto  che  anche  i  comuni
hanno l'obbligo di rispettare l'equilibrio di bilancio. 
    67. Peraltro, a decorrere  dall'esercizio  finanziario  2024,  il
citato comma 7 richiama  anche  in  questo  caso  -  quanto  previsto
dall'art. 38, comma 1, del. decreto legislativo n. 118 del 2011. 
    68. Tale previsione, quindi, oltre a non garantire  la  integrale
copertura  finanziaria  delle  spese  derivanti  dalla  procedura  di
stabilizzazione,  determina  -  per  le  ragioni  gia'  esposte   nel
precedente capo del presente atto -  anche  la  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera e) - in materia  di  «armonizzazione  dei
bilanci pubblici» - e, terzo comma -  in  materia  di  «coordinamento
della finanza pubblica», della Costituzione. 
    69. Difatti, l'art. 38, comma 1, del decreto legislativo  n.  118
del 2011 dispone che  «Le  leggi  regionali  che  prevedono  spese  a
carattere continuativo  quantificano  l'onere  annuale  previsti  per
ciascuno  degli  esercizi  compresi  nel  bilancio  di  previsione  e
indicano l'onere a regime, ovvero, nel caso in cui non  si  Imiti  di
spese obbligatorie, possono /inviare  la  quantificazione  dell'onere
annuo alla legge di bilancio» (enfasi aggiunte). 
    70. Ebbene, le spese previste dal citato  comma  7  costituiscono
«spese  obbligatorie»,  in  quanto  aventi  carattere  strutturale  e
permanente nel tempo; dunque, necessitano di una  adeguata  copertura
finanziaria, che il mero richiamo all'art. 38 del decreto legislativo
n. 118 del 2011 non e' affatto idonea a soddisfare, in assenza di una
precisa quantificazione dell'onere a regime per gli  anni  successivi
al triennio considerato nel bilancio di previsione. 
    71. In altre parole, la disposizione censurata,  pur  richiamando
formalmente l'art. 38 del decreto legislativo n.  118  del  2011,  si
pone invece in contrasto con il medesimo; e, quindi - per il  tramite
di tale disposizione -, viola l'art. 117, secondo comma, lettera e) -
in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici» - e terzo comma -
in  materia  di  «coordinamento  della  finanza  pubblica»  -   della
Costituzione. 
    72. Inoltre, come precisato  nel  precedente  capo  del  presente
atto, non si  rinviene  nello  Statuto  di  autonomia  della  Regione
siciliana alcuna norma che potrebbe giustificare l'introduzione della
disciplina oggetto di censura. Anzi - come gia' chiarito - il  rinvio
effettuato dalla stessa disposizione censurata al citato art.  38  ne
conferma l'applicabilita' anche alla  Regione  siciliana,  in  quanto
disposizione adottata dallo  Stato  in  attuazione  delle  competenze
legislative ad esso riservate dall'art. 117 della Costituzione. 
    73. Infine, la disposizione regionale si pone anche in  contrasto
anche con quanto previsto dall'art. 3 della Costituzione,  in  quanto
determina  una  irragionevole  disparita'  di   trattamento   tra   i
destinatari  della  disposizione  impugnata  ed  altre  categorie  di
personale precario, nonche' tra i predetti soggetti e  i  destinatari
di altre analoghe forme di sostegno al reddito. 
    74. Per coloro che  si  collocano  al  di  fuori  dell'ambito  di
applicazione soggettivo della  disposizione  impugnata,  infatti,  la
procedura agevolata prevista  dalla  normativa  regionale  non  trova
ovviamente applicazione; e quindi,  restano  assoggettati  alla  piu'
rigorosa disciplina prevista dal legislatore statale e, segnatamente,
dall'art. 20 del decreto legislativi) 25 maggio 2017, n. 75. 
    75. Ebbene, tale  disparita'  di  trattamento  e'  oggettivamente
priva di una giustificazione ragionevole e,  pertanto,  comporta  una
evidente violazione del principio di uguaglianza previsto dall'art. 3
della Costituzione: norma direttamente applicabile anche alle Regioni
autonome in quanto - come sopra precisato - rientrante fra i principi
fondamentali del nostro ordinamento costituzionale. 
 
                                 IV 
    L'art. 41 della legge Regione siciliana 15 aprile 2021, n. 9 
 
    76. L'art. 41 della legge oggetto di censura, rubricato «Progetti
a  favore  degli  studenti  con  disabilita',  dispone  che  -    «1.
L'assessore regionale per la famiglia, le  politiche  sociali  ed  il
lavoro, per le finalita' di cui all'art. 6 della  legge  regionale  5
dicembre 2016, n. 24 e successive  modificazioni,  e'  autorizzato  a
seguito di apposito avviso e preventiva ricognizione delle necessita'
e relativa ripartizione proporzionale ad avviare progetti  e  servizi
integrativi, migliorativi ed aggiuntivi in favore degli studenti  con
disabilita'. 
      2. Per assicurare lo svolgimento  delle  attivita'  di  cui  al
presente articolo, e' autorizzata, per l'esercizio finanziario  2021,
la spesa di 5.000 migliaia di euro da iscrivere in apposito  capitolo
di spesa «Servizi integrativi migliorativi  ed  aggiuntivi  a  favore
degli studenti disabili delle scuole secondarie  di  secondo  grado»,
nella rubrica del  dipartimento  regionale  della  famiglia  e  delle
politiche sociali (Missione 12, Programma 2). 
      3. Agli oneri di cui al presente articolo si fa. fronte per  la
quota parte di 1.000 migliaia di euro con riduR.ione  della  Missione
13, Programma I, capitolo 413374. 
    77. Il predetto articolo, dunque, da un  lato  -  al  comma  2  -
prevede che l'onere relativo agli interventi previsti a favore  degli
studenti con disabilita' gravino per un totale di cinque  milioni  di
euro sulla missione 12 e, dall'altro - al comma- 3 - specifica che ai
predetti oneri si fa fronte per la quota parte di un milione di  euro
con riduzione della' missione 13. 
    78. Ebbene,  siccome  il  comma  1,  fa  riferimento  a  generici
progetti e servizi integrativi, migliorativi e aggiuntivi  in  favore
degli studenti con disabilita', senza specificare la natura,  sociale
o sanitaria, di tali interventi, il comma 3 comporta - di fatto -  la
distrazione di risorse dalla missione 13 per destinarle a prestazioni
di natura non sanitaria, incidendo - in questo  modo  -  sui  livelli
essenziali  di  assistenza,  ai  quali  le  medesime   risorse   sono
destinate. 
    79. Per questa ragione, la disposizione in esame viola: 
      a) l'art. 117, secondo comma,  lettera  m),  che  riserva  alla
competenza esclusiva  dello  Stato  la  «determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; 
      b) i principi fondamentali dettati dal legislatore statale  sia
in materia di «tutela della salute» sia in materia di  «coordinamento
della finanza pubblica» e, quindi, l'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione; e infine, 
      c) l'art. 81, terzo comma, della Costituzione. 
    80.  In  particolare,   l'illegittimita'   costituzionale   della
disposizione censurata discende dal fatto che la Regione siciliana e'
- attualmente - in piano di rientro dal disavanzo sanitario ed  e'  -
pertanto - assoggettata al divieto di spese non obbligatorie previsto
dall'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. 
    81.  La  disposizione  censurata,  quindi,  -  nel  prevedere  un
consistente incremento proprio delle predette spese non  obbligatorie
- si pone in evidente contrasto con la disposizione sopra  menzionata
e - per il tramite di essa - viola,  quindi,  l'art.  117,  comma  3,
della Costituzione,  che  riserva  allo  Stato  l'individuazione  dei
principi fondamentali in  materia  di  «coordinamento  della  finanza
pubblica». 
    82. Si evidenzia - peraltro - che la disposizione  in  esame  non
puo' trovare giustificazione nell'art. 17, comma 1, lettera c), dello
Statuto di autonomia - che quindi parimenti viola -, secondo il quale
«Entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa  la
legislazione dello Stato, l'assemblea  regionale  puo',  al  fine  di
soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della
regione,  emanare  leggi,  anche  relative   all'organizzazione   dei
servizi,  sopra  le  seguenti  materie  concernenti  la  regione:  c)
assistenza sanitaria» (enfasi aggiunte). 
    83. Difatti, e'  la  stessa  norma  statutaria  a  prevedere  che
siffatto potere legislativo puo' essere esercitato  «Entro  i  limiti
dei principi ed interessi generali cui  si  informa  la  legislazione
dello Stato» limiti che  -  per  le  ragioni  sopra  esposte  -  sono
evidentemente travalicati dalla disposizione oggetto di censura. 
 
                                  V 
 L'art. 50 della legge della Regione siciliana 15 aprile 2021, n. 9 
 
    84. L'art. 50 dispone che «1. Entro novanta giorni dalla data  di
entrata in vigore della  presente  legge,  le  Aziende  del  servizio
sanitario regionale e l'Istituto zooprofilattico  sperimentale  della
Sicilia  procedono  ad  incrementare  le  ore  di  incarico  a  tempo
indeterminato a ciascun medico veterinario specialista  ambulatoriale
interno, gia' titolare di incarico  da  almeno  cinque anni,  per  il
raggiungimento di almeno  trenta  ore  di  incarico  settimanali  per
medico-veterinario. 
      2. Gli incrementi di orario eccedenti la quota di almeno trenta
ore  settimanali  di  cui  al  comma  1,  devono  essere  motivati  e
autorizzati dall'assessorato regionale della salute,  sulla  base  di
una preventiva ricognizione del fabbisogno delle prestazioni e  delle
attivita' programmate o programmabili,  relative  alla  specialistica
ambulatoriale  veterinaria,   presso   ciascuna   Azienda   sanitaria
provinciale  e   presso   la   sede   dell'Istituto   zooprofilattico
sperimentale della Sicilia e possono essere attribuiti  nel  rispetto
del vincolo dell'equilibrio economico del bilancio aziendale. 
      3. I direttori generali delle aziende sanitarie  provinciali  e
dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia  sulla  base
delle citi i a' riscontrate e della programmazione  delle  attivita',
compatibilmente con il titolo di specializzazione di cui all'allegato
2 dell'Accordo collettivo nazionale del 31 marzo 2020, in possesso di
ogni medico veterinario specialista  e  sulla  base  dei  criteri  di
valutazione,  di  cui  all'art.  21  comma  3,  del  citato   Accordo
collettivo nazionale, possono di porre una sola  volta  il  passaggio
dell'intero effettivo delle ore di incarico a branche  diverse,  allo
scopo  di  ottimizzare  e  concentrare  le  risorse  sulle  attivita'
prioritarie, previa formale accettazione degli interessati. 
      4.  In  caso  di  transito  da  una  branca   all'altra,   allo
specialista e' riconosciuta l'anzianita' di servizio  gia'  maturata.
Al fine di garantire l'appropriatezza delle prestazioni, il  transito
ad altra branca potra' avvenire a seguito di un adeguato  periodo  di
affiancamento. 
      5. Gli oneri derivanti dall'applicazione del presente articolo,
quantificati in € 7.883.103 su  base  annua,  trovano  copertura  sui
fondi del servizio sanitario regionale, senza nuovi o maggiori  oneri
a carico del bilancio regionale. 
      6. L'art. 46 della legge regionale 11 agosto  2017,  n.  16  e'
abrogato». 
    85. Come si evince dal testo della disposizione  sopratrascritto,
la  norma  regionale  reca  una  disciplina  incompatibile   con   le
disposizioni previste dall'Accordo collettivo nazionale del 31  marzo
2020,  che  disciplina  i  rapporti  con  specialisti   ambulatoriali
interni, veterinari  e  altre  professionalita'  sanitarie  (biologi,
chimici, psicologi) ambulatoriali. 
    86. Nel dettaglio, la disposizione oggetto di censura si pone  in
evidente contrasto con l'art. 20, comma 1, dell'accordo. 
    87. Tale norma, infatti, prevede che «ciascuna Azienda, prima  di
procedere   alla   pubblicazione   degli   incarichi,   verifica   la
possibilita' di completare l'orario degli specialisti  ambulatoriali,
veterinari e  professionisti  gia'  titolari  a  tempo  indeterminato
presso l'Azienda stessa nella medesima branca o  area  professionale.
In tal caso, le ore resesi disponibili e da assegnare, anche mediante
frazionamento, per realizzare il completamento orario del tempo pieno
(trentotto ore settimanali), sono assegnate con priorita' ai titolari
con maggiore anzianita' di incarico. A parita' di anzianita'  prevale
il maggior numero di ore di incarico, in subordine.  l'anzianita'  di
specializzazione ed infine la minore eta'. L'Azienda rende nota  tale
disponibilita' sul proprio sito istituzionale». 
    88.  In  altri  termini,  dalla  norma  contrattuale  si   evince
chiaramente  come,  in  relazione  alle   disponibilita'   pervenute,
l'Azienda debba individuare l'avente  diritto  all'incremento  orario
nel rigoroso rispetto dei soli criteri ivi previsti, tra i quali  non
compare quello della previa titolarita' «di incarico da almeno cinque
anni», contemplato, invece, dalla norma regionale. 
    89.  Peraltro,  la  disposizione  contrattuale  non  ammette   la
possibilita' di transitare da  una  branca  all'altra,  ma  chiarisce
espressamente che l'incremento orario  deve  riguardare  la  medesima
branca  o  area   professionale   dello   specialista   ambulatoriale
veterinario gia' titolare di un incarico a tempo indeterminato presso
l'Azienda  sanitaria  che  conferisce  l'incarico,  con   l'ulteriore
precisazione,  di  cui  al  successivo  art.  28,   che   «l'incarico
ambulatoriale, ancorche' sommato ad altra attivita' compatibile,  non
puo' superare le trentotto ore settimanali'. 
    90. Dunque, il legislatore  regionale  ha  esercitato  -  con  la
disposizione censurata - una competenza riservata in via esclusiva al
legislatore statale in  quanto  riferita  alla  materia  «ordinamento
civile» di  cui  all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  1),  della
Costituzione. 
    91.  Difatti,  nella   sentenza   n.   10   del   2019,   codesta
eccellentissima Corte ha espressamente chiarito  che  «La  disciplina
del rapporto di lavoro  dei  dipendenti  pubblici  rientra,  infatti,
nella materia «ordinamento civile»  e  spetta  in  via  esclusiva  al
legislatore nazionale; invero, a seguito della privatizzazione,  tale
rapporto e' disciplinato dalle disposizioni del codice civile e dalla
specifica contrattazione collettiva, e.pressamente regolata dall'art.
2 del decreto legislativo  30  mano  2001,  n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche) [...] Pertanto, la  legge  impugnata  viola  la  sfera  di
competenza statale, che riserva  alla  contrattazione  collettiva  la
disciplina del pubblico impiego». 
    92. Come nel citato precedente di codesta eccellentissima  Corte,
anche nel caso di specie, il legislatore regionale ha esercitato  una
competenza non propria, introducendo una disciplina incompatibile con
l'Accordo collettivo nazionale, che - in attuazione dell'art.  8  del
decreto  legislativo  30  dicembre  1992,   n.   502   -   disciplina
puntualmente l'incremento orario degli specialisti ambulatoriali. 
    93. Di qui, l'evidente violazione - da parte  della  disposizione
censurata - della competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato  in
materia di «ordinamento civile» di cui all'art. 117,  secondo  comma,
lettera l), della Costituzione, nonche' del principio di  uguaglianza
di cui all'art. 3 della Costituzione, nella parte  in  cui  introduce
una irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra  gli  specialisti
ambulatoriali che prestano servizio nella Regione siciliana e  coloro
che - invece - operano sulla restante parte del territorio nazionale. 
    94. Peraltro, si evidenzia  che  la  disposizione  impugnata  non
trova alcuna giustificazione nelle  norme  statutarie  della  Regione
siciliana. 
    95. In particolare, essa non rientra nell'ambito di  applicazione
dell'art. 14, lettera q), in quanto interviene sul rapporto di lavoro
di soggetti che non sono dipendenti della regione. 
    96. Inoltre, essa non trova giustificazione neppure nell'art. 17,
lettera  f),  dato  che  la  medesima  disposizione  precisa  che  la
disciplina dei  «rapporti  di  lavoro»  puo'  essere  regolata  dalla
legislazione regionale «Entro i  limiti  dei  principi  ed  interessi
generali cui si informa la legislazione dello Stato». 
 
                                 VI 
        L'art. 53 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 
 
    97. L'art. 53, comma 1, viola l'art. 117,  comma  2,  lettera  m)
Cost.  in  materia  di  determinazione  dei  livelli  essenziali   di
assistenza  nonche'  l'art.  81,  comma  3,  Cost.  ed  esula   dalle
competenze affidate alla Regione dall'art. 17, comma  1,  lettera  c)
dello Statuto di autonomia; e viola altresi'  l'art.  117,  comma  3,
Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica. 
    98. L'art. 53, rubricato «Terapia genica «Zolgensma»,  stabilisce
al comma 1 che «In conformita' alle indicazioni espresse dall'Agenzia
europea  per  i  medicinali  (EMA),  nelle  more  dell'autorizzazione
definitiva da parte  dell'AIFA,  e'  autorizzata  la  terapia  genica
«Zolgensma»,  gia'  inserita  dall'AIFA  nell'elenco  dei  medicinali
erogabili a totale carico del servizio sanitario nazionale  ai  sensi
del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge  23
dicembre 1996, n. 648, per il trattamento dei lattanti e dei  bambini
getti da atrofia muscolare spinale (BAIA) fino a  21  chilogrammi  di
peso, anche oltre i sei mesi di eta'. Ai relativi  oneri  provvede  a
valere sulle risorse  del  capitolo  413374  nella  misura  di  4.200
migliaia di curo (Missione 13, Programma 1, capitolo 413374)». 
    99. La norma non risulta in  linea  con  la  legislazione  ed  il
regime regolatorio vigente, in quanto richiama uno statuto  non  piu'
applicabile alla fattispecie disciplinata. 
    100. In particolare, l'arti, comma 4-bis, del di. n. 536  del  21
ottobre 1996, convertito in  legge  n.  648  del  23  dicembre  1996,
prevede  che,  anche  se  sussista  altra   alternativa   terapeutica
nell'ambito   dei   medicinali,   autorizzati,   previa   valutazione
dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), siano inseriti  nell'elenco
dei medicinali erogabili  a  totale  carico  del  Servizio  sanitario
nazionale,  i  medicinali   che   possono   essere   utilizzati   per
un'indicazione  diversa   da   quella   autorizzata,   purche'   tale
indicazione sia nota e conforma a ricerche condotte nell'ambito della
comunita'  medico-scientifica  nazionale  e  internazionale,  secondo
parametri di economicita' .e appropriatezza. E' ancora  previsto  che
in tale caso l'AIFA attiva idonei strumenti di monitoraggio a  tutela
della sicurezza dei pazienti e assume tempestivamente  le  necessarie
determinazioni. 
    101. Ora, la norma denunciata  non  tiene  conto,  in  violazione
della norma interposta, dell'intervenuta determinazione dell'AIFA  n.
277 del 10 marzo 2021, con  la  quale  l'Agenzia  di  regolazione  ha
definito  il  regime,di  rimborsabilita'  e  prezzo  del   medicinale
«Zolgensma», prevedendo quanto segue: 
    «Indicazione terapeutica autorizzata: 
      «Zolgensma» e' indicato per il trattamento di: 
        pazienti con atrofia  muscolare  spinale  (SMA)  Sq  con  una
mutazione biallelica nel gene SMN1 e una diagnosi clinica di SMA tipo
1, oppure 
        pazienti con SMA Sq con una  mutazione  biallelica  nel  gene
SMN1 e fino a tre copie del gene SMN2. 
    Indicazione terapeutica rimborsata: 
      «Zolgensma»  e'  indicato  per  il   trattamento   dell'atrofia
muscolare spinale (SMA) Sq in pazienti con peso fino a 13,5 kg: 
        diagnosi clinica di SMA di tipo 1 ed esordio  nei  primi  sei
mesi di vita, oppure 
        diagnosi genetica di SMA di tipo I (mutazione biallelica  nel
gene SMNI e fino a due copie del gene SMN2)». 
    102. Con determinazione n. 46485 del 16 aprile  2021,  l'AIFA  ha
poi disposto l'esclusione del medicinale  Zolgensma  dall'elenco  dei
medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale
ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n.  648,  per  il  trattamento
entro i primi sei mesi di vita  di  pazienti  con  diagnosi  genetica
(mutazione biallelica nel gene SMNI e fino a due copie del gene SMN2)
o diagnosi clinica di atrofia muscolare spinale di tipo 1 (SMA 1), in
quanto tale indicazione e' stata inserita nella citata determinazione
del 10 marzo 2021, n. 277. 
    103. Con le determinazioni su riportate l'Agenzia di  regolazione
ha quindi previsto la rimborsabilita'  del  farmaco  in  questione  a
carico  del  Servizio  sanitario  nazionale  esclusivamente  per   il
trattamento di pazienti con peso massimo di 13,5 kg. 
    104. Si rappresenta, per completezza, che l'accordo  tra  AIFA  e
l'azienda farmaceutica Novartis ha incluso l'impegno della societa' a
mettere a disposizione il farmaco a titolo  gratuito  all'interno  di
studi clinici per i bambini con un peso compreso tra i 13,5  e  i  21
kg, allo scopo  di  acquisire  su  questi  pazienti,  in  un  setting
controllato, dati ulteriori di efficacia e sicurezza. 
    105. Pertanto,  la  somministrazione  della  terapia  a  pazienti
aventi un peso compreso tra i 13,5 kg e i 21 kg prevista dalla  norma
regionale costituisce un livello ulteriore di assistenza: per  questo
riguardo, la disposizione impugnata viola  dunque,  non  soltanto  la
norma, in precedenza richiamata, in applicazione della quale AIFA  ha
assunto, nell'esercizio del  suo  potere  regolatorio,  le  anzidette
determinazioni - art. 1, comma  4-bis,  d.l.  n.  536/1996,  ma  pure
l'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311,  il  quale
vieta alle regioni, assoggettate, come la Sicilia, a piano di rientro
dal disavanzo sanitario, di effettuare spese non  obbligatorie,  come
appunto quella di cui si discute. 
    106. La norma si pone cosi' in contrasto con l'art. 117,  secondo
comma,  lettera  m),  della   Costituzione   violando   la   potesta'
legislativa esclusiva dello Stato in materia  di  determinazione  dei
livelli essenziali di assistenza ed altresi'  con  l'art.  81,  terzo
comma,  della  Costituzione  in  quanto,   in   ragione   della   sua
genericita',  viola  i  principi  di  certezza  e  attualita'   della
copertura finanziaria. 
    107.  La  norma  regionale  in  questione  si  pone  altresi'  in
contrasto con il  principio  di  contenimento  della  spesa  pubblica
sanitaria, quale principio generale di  coordinamento  della  finanza
pubblica  stabilito  ai  sensi  dell'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione. 
    108. Codesta  eccellentissima  Corte  costituzionale  ha  infatti
evidenziato che «l'autonomia legislativa  concorrente  delle  regioni
nel settore della tutela della salute ed in  particolare  nell'ambito
della gestione del servizio sanitario  puo'  incontrare  limiti  alla
luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento  della
spesa», specie «in un quadro di esplicita condivisione da parte delle
regioni della  assoluta  necessita'  di  contenere  i  disavanzi  del
settore sanitario» (ex multis sentenza n. 104 del 2013). 
    109.  Sotto  questo  profilo,  la   disposizione   travalica   le
competenze affidate alla  regione  dallo  Statuto  di  autonomia,  il
quale, pur conferendo all'assemblea regionale il  potere  di  emanare
leggi «al fine di soddisfare  alle  condizioni  particolari  ed  agli
interessi propri  della  regione»  anche  in  materia  di  assistenza
sanitaria (art. 17, comma 1, lettera c)), prevede tuttavia  che  tale
potere deve  essere  esercitato  «entro  i  limiti  dei  principi  ed
interessi generali cui  si  informa  la  legislazione  dello  Stato»,
compresi quindi i principi  fondamentali  stabiliti  dallo  Stato  in
materia di coordinamento della finanza  pubblica  e  di  contenimento
della spesa pubblica sanitaria. 
 
                                 VII 
        L'art. 54 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 
 
    110. L'art. 54 viola l'art. 117, comma 2,  lettera  m)  Cost.  in
materia di determinazione dei livelli  essenziali  di  assistenza  ed
esula dalle competenze affidate alla regione dall'art. 17,  comma  1,
lettera c) dello Statuto di autonomia;  e  viola  anche  l'art.  117,
comma 3, Cost. in materia di coordinamento della finanza  pubblica  e
l'art. 81, comma 3, Cost.. 
    111. L'art. 54, rubricato «Istituzione dei  Centri  regionali  di
riferimento NIPT (Non Invasive Prenatal Test)» prevede che: 
      «1 . Al fine della tutela della salute delle donne in stato  di
gravidanza, l'Assessore regionale per la salute, con proprio  decreto
individua  tre  centri  regionali  di  riferimento  per  le  indagini
genetiche, tra le strutture in possesso,  alla  data  di  entrata  in
vigore della presente legge, dei seguenti requisiti strutturali: 
        a) presenza di un'unita' operativa complessa  di  laboratorio
per analisi patologiche  che  abbia  effettuato  nell'anno  2020,  in
media, almeno un milione di analisi totali; 
        b)  presenza  di  almeno  un  biologo  molecolare  in  pianta
organica; 
        c) dotazione di macchinari e  attrezzature  adeguati  per  la
tipizzazione delle cellule cromosomiche; 
        d) esistenza di un  punto  nascita  e/  o  di  un  centro  di
procreazione medicalmente assistita (PMA). 
      2.  Le  donne  residenti  nella  regione  sono  escluse   dalla
partecipazione  al  costo  per  l'accertamento  di  eventuali  rischi
procreativi attraverso lo screening prenatale per la  diagnosi  delle
trisomie 13, 18 e 21 «Non  Invasive  Prenatal  Test»,  test  del  DNA
fetale circolante su  sangue  materno,  effettuato  presso  i  centri
regionali di cui al comma 1. 
      3. Al fine dell'adeguamento delle strutture  e  degli  impianti
tecnologici,  operativi  e  strumentali  finalizzato  ad   assicurare
l'offerta dello screening prenatale di cui al comma 2, e' autorizzata
la spesa di 4.000 migliaia di euro cui si provvede a valere sul fondo
sanitario regionale». 
    La norma si censura in particolare laddove prevede  l'istituzione
di centri regionali di riferimento  per  l'esecuzione  delle  analisi
genetiche denominate «Non Invasive Prenatal Test-NIPT» e contempla, a
favore  delle  assistite  residenti  in  ambito  predetti   regionale
l'esenzione dalla partecipazione  al  costo  correlato  ai  screening
disponendo altresi' che «al fine dell'adeguamento delle  strutture  e
degli impianti tecnologici, operativi e  strumentali  finalizzato  ad
assicurare l'offerta dello screeningprenatale di cui al comma  2,  e'
autorizzata la spesa di 4.000 migliaia di  euro  cui  si  provvede  a
valere sul fondo sanitario regionale». 
    112. Invero, le indagini genetiche indicate dalla disposizione in
esame  non  sono  attualmente  incluse  nei  livelli  essenziali   di
assistenza e, conseguentemente,  non  possono  essere  garantite  dal
Servizio sanitario nazionale. 
    113. L'art. 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.  502,
rubricato «Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e
definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza», prevede
al comma 7  che  siano  posti  a  carico  del  SSN  le  tipologie  di
assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano,  per
specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di
un  significativo  beneficio  in  termini  di   salute,   a   livello
individuale  o  collettivo,  a  fronte   delle   risorse   impiegate,
disponendo di seguito che sono  esclusi  dai  livelli  di  assistenza
erogati a carico del SSN le tipologie di assistenza, i servizi  e  le
prestazioni sanitarie che: 
      a) non rispondono a necessita' assistenziali tutelate  in  base
ai principi ispiratori del SSN di cui al comma 2; 
      b)   non   soddisfano    il    principio    dell'efficacia    e
dell'appropriatezza, ovvero la cui efficacia non e'  dimostrabile  in
base alle evidenze scientifiche disponibili  o  sono  utilizzati  per
soggetti  le  cui  condizioni   cliniche   non   corrispondono   alle
indicazioni raccomandate; 
      c) in presenza di altre forme di assistenza volte a  soddisfare
le medesime esigenze, non soddisfano il  principio  dell'economicita'
nell'impiego delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente
delle risorse quanto a  modalita'  di  organizzazione  ed  erogazione
dell'assistenza. 
    114. La definizione e l'aggiornamento dei livelli  essenziali  di
assistenza di  cui  al  richiamato  art.  1,  comma  7,  del  decreto
legislativo n. 502 del 1992, sono stati da ultimo operati dal decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio  2017  che,  nel
capo VI dedicato all' «Assisteza specifica a particolari  categorie»,
individua all'allegato 10C le «Condizioni di  accesso  alla  diagnosi
prenatale invasiva, in esclusione dalla quota  di  partecipazione  al
costo». 
    115. Ebbene, l'allegato 10C non contempla i NIPT  («Non  Invasive
Prenatal Test-NIP) tra i livelli essenziali di  assistenza  sanitaria
per i quali e' prevista la relativa esenzione. 
    116. La previsione contenuta nel comma 2 della norma  denunciata,
dunque, integra un livello  ulteriore  di  assistenza  rispetto  alla
normativa statale interposta. 
    117. Anche in  questo  caso,  la  disposizione  impugnata  viola,
dunque,  non  soltanto  la  norma,  in  precedenza  richiamata,   che
stabilisce i termini  e  le  condizioni  per  l'accollo  al  Servizio
sanitario nazionale del  costo  di  prestazioni  sanitarie,  ma  pure
l'art. 1; comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311,  il  quale
vieta alle regioni, assoggettate, come la Sicilia, a piano di rientro
dal disavanzo sanitario, di effettuare spese non  obbligatorie,  come
appunto quella di cui si discute. 
    118. La norma si pone cosi' in  contrasto  sia  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera m), della Costituzione - violando la  potesta'
legislativa  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di  determinazione
livelli essenziali di assistenza - sia con l'art.  117,  terzo  comma
della Costituzione,  per  violazione  dei  principi  fondamentali  in
materia coordinamento della finanza pubblica. 
    119.  Anche  in  questo  caso,  la  disposizione   travalica   le
competenze affidate alla  regione  dallo  Statuto  di  autonomia,  il
quale, pur conferendo all'assemblea regionale il  potere  di  emanare
leggi «al fine di soddisfare  alle  condizioni  particolari  ed  agli
interessi propri  della  regione»  anche  in  materia  di  assistenza
sanitaria (art. 17, comma 1, lettera c)), prevede tuttavia  che  tale
potere deve  essere  esercitato  «entro  i  limiti  dei  principi  ed
interessi generali  cui  si  infima  la  legislazione  dello  Stato»,
compresi quindi i principi  fondamentali  stabiliti  dallo  Stato  in
materia di coordinamento della finanza  pubblica  e  di  contenimento
della spesa pubblica sanitaria. 
    120.  Nella  norma  in  esame,  peraltro,  non   sono   contenute
indicazioni in ordine alle risorse che si  intendono  utilizzare  per
l'esecuzione dei NIPT in regime di esenzione, posto che essa fa  solo
riferimento, al comma 3, alle risorse  che  verranno  utilizzate  per
«l'adeguamento  delle  strutture  e   degli   impianti   tecnologici,
operativi e strumentali finalizzato  ad  assicurare  l'offerta  dello
screening prenatale». 
    121. Per questo verso si denuncia  percio'  anche  la  violazione
dell'art. 81, terzo comma, Cost., in quanto,  in  ragione  della  sua
genericita', la norma si pone in contrasto con i principi di certezza
e attualita' della copertura finanziaria costituzionalmente previsti. 
 
                                VIII 
        L'art. 55 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 
 
    122. L'art. 55, comma 1, viola l'art. 117,  comma  3,  Cost.,  in
materia di coordinamento della finanza pubblica, nonche' l'art.  117,
comma 2, lettera  m)  Cost.  in  materia  di  livelli  essenziali  di
assistenza ed esula dalle competenze affidate alla regione  dall'art.
17, comma 1, lettera c) dello Statuto di autonomia. 
    123.  L'art.  55,  rubricato   «Terapia   pazienti   affetti   da
endomeriosi», dispone che: 
      «Al fine di  garantire  maggiore  accessibilita'  'alla  tempia
anticloloifflca  nelle   pazienti   affette   da   endometriosi,   in
ottemperanza a  quanto  stabilito  dalle  societa'  scientifiche  del
settore, l'Assessore per la salute e'  autorizzato  a  consentire  la
prescrivibilita' dei farmaci antinfiammatori non steroidei in  fascia
A in deroga ai vincoli previsti dalla  nota  AIFA  66  per  tutte  le
pazienti in possesso del codice di esenzione 063. Ai  relativi  oneri
nei limiti di un milione di euro si provvede a valere  sulle  risorse
del capitolo 413374 (Missione 13, Programma 1, capitolo 413374). 
    124. Le malattie e le condizioni che danno diritto  all'esenzione
sono individuate in base ai criteri dettati dal  decreto  legislativo
29  aprile  1998,  n.  124  recante  «Ridefinizione  del  sistema  di
partecipazione al costo delle  prestazioni  sanitarie  e  del  regime
delle esenzioni, a norma  dell'art.  59,  comma  50,  della legge  27
dicembre 1997, n. 449». 
    125. L'elenco delle malattie croniche esenti dalla partecipazione
al costo delle prestazioni e' stato ridefinito e aggiornato dal  gia'
richiamato decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  13
gennaio 2017 sui nuovi LEA, ed in specie al suo allegato 8  ove,  per
l'appunto, e' ricompresa l'esenzione in codice 063 in questione. 
    126. Ora, l'esenzione prevista a favore degli  assistiti  affetti
da  patologie  croniche  e'  relativa  alle   sole   prestazioni   di
specialistica ambulatoriale correlate e non si estende ai farmaci. 
    127. A livello nazionale, infatti, i farmaci sono classificati in
fascia  A,  gratuiti  per  tutti  gli  assistiti,  o  in  fascia   C,
completamente a carico degli assistiti. 
    128. Anche la previsione contenuta nella disposizione  in  esame,
dunque, consentendo la prescrivibilita' a favore delle assistite  con
esenzione per endometriosi di alcuni farmaci in fascia A  «in  deroga
ai vincoli previsti dalla nota AIFA 66» (che,  in  linea  con  quanto
precisato, nel prevedere le condizioni in  cui  la  prescrizione  dei
farmaci antinfiammatori non steroidei  sia  a  carico  del  SSN,  non
contempla tra le indicazioni la  malattia  cronica  in  questione)  e
ponendo il relativo onere a carico di  risorse  di  natura  sanitaria
(visto il riferimento alla Missione 13, programma 1,  e  al  capitolo
relativo al cofinanziamento regionale farmaci innovativi), integra un
livello ulteriore di assistenza (extra-LEA) rispetto  alla  normativa
statale  interposta,  che  peraltro  la  Regione  sicilia  non   puo'
garantire, in quanto soggetta  al  piano  di  rientro  dal  disavanzo
sanitario, stante il divieto di spese non obbligatorie. 
    129. La disposizione impugnata viola dunque la normativa  statale
che  individua  le  malattie  e  le  condizioni  che  danno   diritto
all'esenzione dalla spesa sanitaria  (decreto  legislaivo  29  aprile
1998, n. 124 e correlato decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri 13 gennaio 2017), nonche', ancora una volta, l'art. 1, comma
174, della legge 30 dicembre  2004,  n.  311,  il  quale  vieta  alle
regioni, assoggettate, come  la  Sicilia,  a  piano  di  rientro  dal
disavanzo sanitario,  di  effettuare  spese  non  obbligatorie,  come
appunto quella di cui si discute. 
    130. La norma si pone cosi' in  contrasto  sia  con  l'art.  117,
secondo comma, lettera m), della Costituzione - violando la  potesta'
legislativa  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di  determinazione
livelli essenziali di assistenza - sia con l'art.  117,  terzo  comma
della Costituzione,  per  violazione  dei  principi  fondamentali  in
materia coordinamento della finanza pubblica. 
    131. E anche in questo caso la  disposizione  travalica  pure  le
competenze affidate alla  regione  dallo  Statuto  di  autonomia,  il
quale, pur conferendo all'assemblea regionale il  potere  di  emanare
leggi «al fine di soddisfare  alle  condizioni  particolari  ed  agli
interessi propri  della  regione»  anche  in  materia  di  assistenza
sanitaria (art. 17, comma 1, lettera c)), prevede tuttavia  che  tale
potere deve  essere  esercitato  «entro  i  limiti  dei  principi  ed
interessi generali cui  si  informa  la  legislazione  dello  Stato»,
compresi quindi i principi  fondamentali  stabiliti  dallo  Stato  in
materia di coordinamento della finanza  pubblica  e  di  contenimento
della spesa pubblica sanitaria. 
 
                                 IX 
        L'art. 56 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 
 
    132. L'art. 56, comma 1, viola l'art. 117,  comma  3,  Cost.,  in
materia di coordinamento della finanza  pubblica  ed  in  materia  di
tutela della salute. 
    133. L'art. 56, rubricato «Contributo Remesa per  la  prevenzione
di malattie  zoonotiche»,  dispone  che:  «1.  Al  fine  di  adottare
politiche di prevenzione dei rischi epidemici dovuti all'emergere nel
territorio regionale di patologie animali  e  zoonotiche  provenienti
dall'area  nordafricana  ed  al  riemergere  di  patologie   ritenute
eradicate nel territorio  regionale,  e'  assegnato  a  Remesa  (Rete
Mediterranea per la salute degli animali), ufficio costituito  presso
l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia  sotto  l'egida
dell'Organizzazione    mondiale    della    sanita'     animale     e
dell'Organizzazione  delle  Nazioni  Unite  per   l'alimentazione   e
l'agricoltura, un  contributo  pari  a  250  migliaia  di  euro,  per
l'esercizio  finanziario  2021,  per  lo  svolgimento  dell'attivita'
istituzionale. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede
nell'ambito delle risorse destinate  al  finanziamento  dell'Istituto
zooprofilattico  sperimentale.  Il  contributo  va   dettagliatamente
rendicontato con la specifica individuazione della spesa  e  relativa
tracciabilita'». 
    134. L'art. 56, cometa  1,  riconosce  un  contributo  al  REMESA
(REseau MEditerraneen de Sante' Animale), ovvero ad uno strumento  di
collaborazione nel campo della sanita' animale che e' stato istituito
sotto  l'egida  dell'OIE  (Organizzazione  mondiale   della   sanita'
animale) e della FAO (Organizzazione  mondiale  dell'alimentazione  e
dell'agricoltura) per cooperare allo sviluppo  e  all'implementazione
di progetti e programmi riguardanti temi relativi alla salute animale
di comune interesse dei Paesi mediterranei aderenti. 
    135. Tale  rete  comprende  i  capi  dei  servizi  veterinari  di
quindici Paesi del mediterraneo, con obiettivi e  finalita'  ,diverse
dall'ufficio istituito presso l'Istituto zooprofilattico sperimentale
della Sicilia, sede di Palermo, denominato Scientific  and  Technical
Office of REMESA (STOR). 
    136. Lo STOR di Palermo, istituito con una risoluzione votata nel
corso della 18° Joint Permanent Commitee (JPC) del  REMESA  il  26/27
giugno 2019 al Cairo, e' nato per fornire supporto  scientifico  alla
rete  REMESA  in  coordinamento  con  il  segretariato  OIE/FAO,  con
specifiche     finalita'     tra     cui:     operare     da     sede
amministrativo-logistica della rete; agevolare la comunicazione e  il
contatto  tra  ricercatori  ed  esperti  afferenti  la  rete  REMESA;
assistere  i  Paesi  nell'applicazione  per  ottenere  fondi  per  lo
sviluppo   di   progetti   e   attivita'   analoghe   di    carattere
internazionale. 
    137. Per le richiamate attivita'  istituzionali,  nel  marzo  del
2021 l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia aveva gia'
presentato un progetto all'OIE, con una  richiesta  di  finanziamento
per la stessa cifra (pari a 250.000,00 e oggi  indicata  dalla  norma
regionale denunciata. 
    138. Ora, l'art. 12 della normativa di riordino della  disciplina
in materia sanitaria recata dal decreto legislativo n. 502 del  1992,
rubricato «Fondo sanitario nazionale» prevede, al  comma  2,  lettera
a), punto 4), che: «2. Una quota  pari  all'1%  del  fondo  sanitario
nazionale complessivo, prelevata dalla quota  iscritta  nel  bilancio
del Ministero del tesoro e del Ministero del bilancio per le parti di
rispettiva competenza, e' trasferita nei capitoli da istituire  nello
stato di previsione del Ministero della sanita' ed utilizzata per  il
finanziamento di: 
      a) attivita' di ricerca corrente e finalizzata svolta da: 
        (...)  4)  Istituti  zooprofilattici  sperimentali   per   le
problematiche relative all'igiene e sanita' pubblica veterinaria»; 
    al successivo comma 3, prevede invece  che  «Il  Fondo  sanitario
nazionale, al netto  della  quota  individuata  ai  sensi  del  comma
precedente, e' ripartito con riferimento al triennio successivo entro
il 15 ottobre di ciascun anno, in  coerenza  con  le  previsioni  del
disegno di legge finanziaria per  l'anno  successivo,  dal  CIPE,  su
proposta  del  Ministero  della  sanita',   sentita   la   Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome; la quota  capitana  di  finanziamento  da  assicurare  alle
regioni viene determinata sulla base di un  sistema  di  coefficienti
parametrici,  in  relazione  ai  livelli  uniformi   di   prestazioni
sanitarie in tutto il  territorio  nazionale,  determinati  ai  sensi
dell'art. 1, con riferimento ai seguenti elementi (...)». 
    139. In particolare, la tabella B della delibera CIPE  14  maggio
2020,  n.  20   prevede   per   il   finanziamento   degli   Istituti
zooprofilattici sperimentali della Regione  Sicilia  l'importo  di  €
22.236.637. 
    140.  Per  quanto  sopra,   il   finanziamento   previsto   dalla
disposizione della legge della Regione siciliana denunciata non  puo'
essere decurtato dalle risorse del Fondo  sanitario  nazionale,  gia'
destinate, per la quota spettante, al funzionamento e  alle  funzioni
istituzionali ordinarie degli Istituti  zooprofilattici  sperimentali
della Sicilia, cosi' come  individuate  dalla  delibera  CIPE  «Fondo
sanitario nazionale - Riparto delle disponibilita' finanziarie per il
Servizio sanitario nazionale», ai sensi dell'art. 12,  comma  3,  del
decreto legislativo n. 502 del 1992 (Tabella B  -  delibera  CIPE  14
maggio 2020, n. 20 - (20A04860) Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica
italiana - Serie generale n. 230 del 16 settembre 2020). 
    141. La norma in  esame,  indebitamente  distraendo  risorse  del
Fondo sanitario nazionale, si pone cosi' in contrasto  con  la  norma
interposta sopra richiamata e, di conseguenza, con l'art. 117,  terzo
comma, della Costituzione, violando principi  fondamentali  stabiliti
sia in materia di coordinamento della finanza pubblica che in materia
di tutela della salute. 
 
                                  X 
        L'art. 57 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 
 
    142. L'art. 57, comma 1, infine, viola l'art. 118,  comma  1,  in
relazione agli articoli 3 e 32 della Costituzione. 
    143. L'art. 57, rubricato «Avvio progetti  per  la  fornitura  di
cannabis terapeutica», prevede che «1.  Al  fine  di  sopperire  alle
richieste  derivanti  dal  rapporto  di  fabbisogno  accertato  dalle
autorita'   sanitarie   nazionali   di   produzione   di    «cannabis
terapeutica»,   l'assessorato   regionale   dell'agricoltura,   dello
sviluppo rurale e  della  pesca  mediterranea  e'  autorizzato  anche
tramite i propri enti strumentali, all'avvio di  progetti  innovativi
pure nelle forme  del  partenariato  con  le  societa'  presenti  sul
territorio nazionale, finalizzati ad avviare  le  procedure  previste
dall'art. 17, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n.
309 / 90». 
    144. L'art.  17,  comma  1,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, richiamato dalla norma denunciata,
dispone  che  «Chiunque  intenda  coltivare,  produrre,   fabbricare,
impiegare, importare, esportare, ricevere per transito, commerciare a
qualsiasi titolo  o  comunque  detenere  per  il  commercio  sostanze
stupeficenti o psicotrope, comprese nelle tabelle di cui all'art.  14
deve munirsi dell'autorizzazione del Ministero della sanita'». 
    145.  L'art.  26  dello  stesso  decreto  del  Presidente   della
Repubblica n. 309 del 1990 prevede, inoltre, che  «(...)  e'  vietata
nel territorio dello Stato  la  coltivazione  delle  piante  comprese
nella tabella I  e II  di  cui  all'art.  14  (...)»;  tuttavia,  «il
Ministro della  sanita'  puo'  autorizzare  istituti  universitari  e
laboratori  pubblici  aventi  fini  istituzionali  di  ricerca,  alla
coltivazione delle  piante  sopra  indicate  per  scopi  scientifici,
sperimentali o didattici». 
    146. Le competenze  amministrative  del  Ministero  della  salute
nella materia sono poi  state  ulteriormente  precisate  dal  decreto
ministeriale 9 novembre 2015 (recante «Funzioni di organismo  statale
per la cannabis previsto dagli articoli 23  e  28  della  Convenzione
unica sugli stupefacenti del 1961, come modificata nel 1972»). 
    147. In particolare, l'art. 1 del decreto ministeriale del  2015,
nell'indicare le funzioni del Ministero della salute in  qualita'  di
Organismo statale per la cannabis, prevede che il Ministero: 
       «a) canonizza la coltivazione  delle  piante  di  cannabis  da
utilizzare per la produzione di medicinai di origine vegetale a  base
di cannabis (...); 
        b) individua le aree  destinate  alla  suddetta  coltivazione
(...); 
        c) importa, esporta e distribuisce sul territorio  nazionale,
ovvero autorizza  l'importazione,  l'esportazione,  la  distribuzione
all'ingrosso e il mantenimento di scorte delle piante e  materiale  a
base di cannabis 
        d) provvede alla determinazione delle quote di  fabbricazione
di sostanza attiva di origine vegetale a base di cannabis sulla  base
delle richieste delle regioni e delle province autonome e ne  informa
l'International Narcotics Control  Board  (INCB)  presso  le  Nazioni
Unite». 
    148. Pertanto,  le  autorizzazioni  alla  sperimentazione,  anche
nell'ambito  di  progetti  che  comportino  pure  indirettamente   un
utilizzo delle piante ai sensi delle norme sopra  richiamate,  devono
essere rilasciate preventivamente dal Ministero della salute. 
    149.  La  norma  regionale,  nel  prevedere   che   l'assessorato
regionale e' autorizzato all'avvio  di  progetti  innovativi  a  loro
volta  finalizzati  ad  avviare  le  procedure  per   l'esercizio   -
necessariamente  autorizzato  dal  Ministero  della  salute  -  delle
attivita' di cui all'art. 17, comma 1, decreto del  Presidente  della
Repubblica n. 309 del 1990, determina, dunque, una commistione tra le
funzioni  dell'assessorato  regionale  dell'agricoltura  siciliano  e
quelle  amministrative  proprie  del  Ministero  della  salute,   con
possibili  ripercussioni  sull'effettiva  capacita'  del  sistema  di
assicurare  un  adeguato  ed  uniforme   livello   di   garanzie   al
fondamentale diritto alla tutela della salute presidiato dall'art. 32
della Costituzione. 
    150. Ed invero, l'attribuzione al livello statale delle descritte
funzioni amministrative trova giustificazione in precise esigenze  di
tutela della salute che, per loro natura e perche'  siano  assicurate
uniformemente  su  tutto  il  territorio,  richiedono  un   esercizio
unitario secondo il principio di  adeguatezza  di  cui  all'art.  118
della Costituzione (Corte  costituzionale,  sentenze  nn.  12/2004  e
303/2003). 
    151. La norma denunciata si pone, cosi', in contrasto con  l'art.
118, comma 1, in relazione agli articoli 32 e 3 della Costituzione.