Ricorso ai sensi dell'art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri (codice fiscale n. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio pro-tempore, rappresentato e difeso in virtu' di legge dall'Avvocatura generale dello Stato (fax: 06/96514000; indirizzo pec: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, contro la Regione siciliana (codice fiscale n. 80012000826), in persona del Presidente pro-tempore della Giunta provinciale, con sede a Palermo in piazza Indipendenza n. 21 presso il Palazzo D'Orleans e con domicilio digitale presso i seguenti indirizzi pec tratti dal registro «IPA»: segreteria.generale@certmail.regione.sicilia.it e presidente@certmail.regione.sicilia.it - per la declaratoria della illegittimita' costituzionale degli articoli 5, comma 1, lettera f), 14, 36, 41, 50, 53, 54, 55, 56 e 57 della legge della Regione siciliana 15 aprile 2021, n. 9, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 21 aprile 2021, n. 17, giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella seduta del giorno 17 giugno 2021. Premesse di fatto Sulla Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 17 del 21 aprile 2021 e' stata pubblicata la legge regionale n. 9 del 15 aprile 2021, intitolata «Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2021. Legge di stabilita' regionale». Talune disposizioni della predetta legge violano norme e principi costituzionali direttamente applicabili anche alle autonomie speciali eccedendo comunque dalle competenze attribuite alla Regione siciliana dallo Statuto speciale di autonomia approvato con il r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. Segnatamente: 1) l'art. 5, comma 1, lettera f), si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione ed esula dalle competenze affidate alla regione dall'art. 14, lettera q), dello Statuto di autonomia; 2) l'art. 14 viola gli articoli 3 e 117, secondo comma, lettera e) e lettera l), della Costituzione, nonche' esula dalle competenze affidate alla regione dall'art. 14, lettera q), dello Statuto di autonomia; 3) l'art. 36 si pone in contrasto con gli articoli 3, 81, terzo comma, 117, secondo comma, lettera e) e lettera l), nonche' terzo comma, in relazione alla materia: «coordinamento della finanza pubblica», della Costituzione, nonche' esula dalle competenze affidate alla regione dall'art. 14, lettera q), dello Statuto di autonomia; 4) l'art. 41, comma 3, viola gli articoli 81, terzo comma, 117, secondo comma, lettera m), nonche' terzo comma, in relazione alle materie: «coordinamento della finanza pubblica» e «tutela della salute», della Costituzione, nonche' esula dalle competenze affidate alla regione dall'art. 17, comma 1, lettera c), dello Statuto di autonomia; 5) l'art. 50 si pone in contrasto con gli articoli 3 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, nonche' esula dalle competenze affidate alla regione dall'art. 14, lettera q), dello Statuto di autonomia; 6) l'art. 53 viola gli articoli 81, terzo comma, 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, in relazione alla materia: «coordinamento della finanza pubblica», nonche' l'art. 81, comma 3, della Costituzione ed esula dalle competenze affidate alla regione dall'art. 17, comma 1, lettera c) dello Statuto di autonomia; 7) l'art. 54 si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, in relazione alla materia: «coordinamento della finanza pubblica», nonche' con l'art. 81, comma 3, della Costituzione ed esula dalle competenze affidate alla regione dall'art. 17, comma 1, lettera c) dello Statuto di autonomia; 8) l'art. 55 viola l'art. 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, in relazione alla materia: «coordinamento della finanza pubblica», della Costituzione ed esula dalle competenze affidate alla regione dall'art. 17, comma 1, lettera c) dello Statuto di autonomia; 9) l'art. 56 si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma, in relazione alle materie: «coordinamento della finanza pubblica» e «tutela della salute», della Costituzione; 10) infine, l'art. 57 viola l'art. 118, comma 1, in relazione agli articoli 3 e 32, della Costituzione. Pertanto, le suddette disposizioni vengono impugnate con il presente ricorso ex art. 127 della Costituzione affinche' ne sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti - Motivi di diritto I L'art. 5, comma 1, lettera f), della legge della Regione siciliana 15 aprile 2021, n. 9 1. L'art. 5, comma 1, lettera f), della legge oggetto di censura stabilisce che all'art. 55 della legge regionale del 7 maggio 2015, n. 9 e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche: «f) dopo il comma 7 e' aggiunto il seguente: «7-bis. Al personale del compatto in servizio a tempo indeterminato e determinato presso l'ufficio speciale - C.U.C., oltre al, trattamento accessorio di cui al comma 7 dell'art. 16 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10 e successive modificazioni e' riconosciuta a valere sul Fondo istituito con delibera di giunta n. 387 del 24 novembre 2004, una retribuzione annua sostitutiva dei premi di cui al comma 4 dell'art. 90 del CCRL vigente, nelle misure riconosciute dall'art. 94 del CCRL vigente al personale del comparto in servizio presso l'UREGA. Trova, altresi', applicazione il comma 2 dell'art. 94 del CCRL vigente»». 2. La disposizione in esame - nel modificare l'art. 55 della legge regionale 7 maggio 2015 n. 9 - attribuisce dunque al personale del comparto in servizio presso l'ufficio speciale - C.U.C. (Centrale unica di committenza per l'acquisizione di beni e servizi) una retribuzione annua sostitutiva dei premi di cui al comma 4 dell'art. 90 del CCRL vigente, nelle misure riconosciute dall'art. 94 del medesimo CCRL al personale del compatto in servizio presso l'ufficio regionale per l'espletamento delle gare d'appalto (UREGA). 3. Dunque, la predetta disposizione attribuisce al personale in questione un trattamento economico parzialmente sostitutivo di quello previsto - per tutti gli altri dipendenti regionali - dalla contrattazione collettiva di comparto. In questo modo, essa introduce una deroga - ratione personae - all'art. 22, commi 1 e 2, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, che - in conformita' a quanto disposto dall'art. 45 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - ha demandato la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti regionali - ivi compresa la disciplina del trattamento economico fondamentale ed accessorio - ai contratti collettivi di lavoro stipulati, secondo le modalita' e con i criteri di cui al titolo III del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29, cosi' come poi sostituito dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. 4. Ebbene, codesta eccellentissima Corte ha precisato che la riserva di contrattazione collettiva prevista dal testo unico del pubblico impiego per il trattamento economico del personale pubblico «privatizzato» rientra tra le norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, alle quali anche la Regione siciliana e' tenuta a conformarsi; sicche', la sua violazione, da parte del legislatore regionale, si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera 1), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la disciplina della materia: «ordinamento civile». 5. In particolare, nella sentenza n. 16 del 2020, codesta eccellentissimama Corte ha ribadito che «la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici - ivi inclusi i profili del trattamento economico (inteso nel suo complesso, senza alcuna limitazione a quello fondamentale) e della relativa classificazione (sentenza n. 213 del 2012) - rientra nella materia «ordinamento civile», che spetta in via esclusiva al legislatore nazionale. Invero, a seguito della sua privatizzazione, tale rapporto e' disciplinato dalle disposizioni del codice civile e dalla contrattazione collettiva, come espressamente previsto dall'art. 2 testo unico pubblico impiego. Compete, dunque, unicamente al legislatore statale anche la disciplina del trattamento giuridico ed economico dei dipendenti regionali (ex multis, sentenze n. 175 e n. 160 del 2017, n. 257 del 2016), ai sensi dell'art. 1, comma 2, testo unico pubblico impiego. Anche per questo personale, quindi, il rapporto di impiego e' regolato dalla legge dello Stato e, in virtu' del rinvio da questa operato, dalla contrattazione collettiva (cosi', ancora, le sentenze n. 146 e n. 138 del 2019): l'art. 2, comma 3, testo unico pubblico impiego, stabilisce, infatti, che «l'attribuzione di trattamenti economici puo' avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi» e l'art. 45, comma 1, dello stesso testo unico ribadisce che «il trattamento economico fondamentale ed accessorio ... e' definito dai contratti collettivi». Inoltre, proprio a seguito della privatizzazione del pubblico impiego, «i principi fissati dalla legge statale in materia costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformita' nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati e, come tali, si impongono anche alle regioni a Statuto speciale» (sentenza n. 154 del 2019; nello stesso senso, sentenze n. 232 e n. 81 del 2019, n. 234 del 2017, n. 225 e n. 77 del 2013)» (enfasi aggiunte). 6. Ad avviso dell'esponente Patrocinio, siffatti principi giurisprudenziali trovano applicazione anche nel caso di specie. 7. E invero, l'applicazione dei principi in esame alla Regione siciliana non appare affatto preclusa dall'art. 14, lettera q), dello Statuto di autonomia, approvato con il regio decreto-legge 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. 8. Tale disposizione prevede che «L'assemblea, nell'ambito della regione e nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato, senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali deliberate dalla costituente del popolo italiano, ha la legislazione esclusiva sulle seguenti materie: q) stato giudico ed economico degli impiegati e funzionati della regione, in ogni caso non inferiore a quello del personale dello Stato» (enfasi aggiunte). 9. La norma statutaria, quindi, attribuisce alla competenza legislativa esclusiva della Regione siciliana la disciplina dello stato giuridico ed economico dei dipendenti regionali; tuttavia, come gia' ripetutamente chiarito da codesta eccellentissima Corte, la potesta' legislativa regionale incontra - in virtu' di quanto previsto dallo stesso Statuto di autonomia - i limiti derivanti dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica (cfr. sentenza n. 172 del 2018). 10. Ebbene, nel settore in esame, codesta eccellentissima Corte ha ritenuto - confermando quanto espressamente previsto dall'art. 1, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - che, per le regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di Bolzano, i principi desumibili dal citato testo unico costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica e, in quanto tali, essi si impongono anche alla potesta' legislativa esclusiva delle Regioni autonome (cfr. sentenze n. 93 del 2019, n. 201 e n. 178 del 2018). 11. Per questa ragione, si chiede a codesta eccellentissima Corte di dichiarare costituzionalmente illegittima la disposizione impugnata, in quanto - nel derogare al principio che riserva alla contrattazione collettiva il trattamento economico del personale pubblico «privatizzato», desumibile dagli articoli 2, comma 3, e 45, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001 - si pone in evidente contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera I), della Costituzione. II L'art. 14 della legge della Regione siciliana 15 aprile 2021, n. 9 12. L'art. 14 della legge della Regione siciliana 15 aprile 2021, n. 9, stabilisce che - «1. Al personale gia' trasferito all'Agenzia regionale di cui all'art. 7 della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19 e successive modificazioni, per mobilita' e transitato nei ruoli dell'amministrazione regionale in applicazione dell'art. 9, comma 2, della legge regionale 16 dicembre 2008, n. 19 e successive modificazioni e' riconosciuta, con effetti economici decorrenti dall'1° gennaio 2021, l'anzianita' di servizio prestato presso le amministrazioni di provenienza. Tale servizio e' equiparato a servizio prestato presso l'amministrazione regionale. 2. Per le finalita' di cui al comma 1 e' autorizzata, per gli esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023, la spesa annua di € 497.242,00 (missione 1, programma 10, capitolo 108157). A decorrere dall'esercizio finanziario 2024 si provvede ai sensi del comma 1, dell'art. 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118». 13. La norma in esame riconosce al personale gia' trasferito all'Agenzia di cui all'art. 7 della legge regionale n. 19 del 2005 e - successivamente - transitato per mobilita' nei ruoli della regione, l'anzianita' di servizio maturata presso gli enti di provenienza, con effetti economici decorrenti dal 1° gennaio 2021. La disposizione puntualizza altresi' che il servizio prestato presso gli enti di provenienza e' equiparato a quello prestato presso l'amministrazione regionale. 14. Ebbene, la disciplina introdotta dal legislatore regionale si pone anzitutto in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. 15. Al fine di dimostrare la violazione del principio di uguaglianza desumibile dal citato art. 3 - direttamente applicabile anche alle regioni autonome in quanto rientrante fra i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico-costituzionale, appare necessario svolgere alcune sintetiche considerazioni sulle vicende normative che hanno riguardato l'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque («ARRA»). 16. La predetta Agenzia e' stata istituita con l'art. 7 della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19. Tale disposizione - per quanto d'interesse in questa sede - statuiva quanto segue - «1. Al fine di assicurare una efficiente, efficace e coordinata gestione in materia di acque e rifiuti in Sicilia e' istituita l'Agenzia regionale peri rifiuti e le acque, ente strumentale della regione e di seguito denominata «Agenzia», con sede in Palermo, che puo' dotarsi di strutture sul territorio. 2. L'Agenzia e' dotata di personalita' giuridica pubblica, di autonomia tecnica, organizzativa, gestionale, amministrativa e contabile ed e' posta sotto la vigilanza della Presidenza della regione, da cui promanano gli indirizzi programmatici. 3. L'Agenzia, quale autorita' di regolazione dei servizi idrici, dei servizi di gestione integrata dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati deve assolvere a funzioni di indirizzo e coordinamento dell'attivita' di tutti gli Enti che operano nel settore delle acque esercitando altresi' forme di controllo efficienti ed efficaci [...] 7. Per l'esercizio delle attivita' di cui al presente articolo sono trasferite all'agenzia le competenze nelle materie indicate ai commi 3 e 4, attribuite da disposizioni normative a singoli rami dell'amministrazione regionale e ad enti sottoposti a tutela e vigilanza della regione. In sede di prima attuazione il personale di ruolo in servizio alla data di approvazione della presente legge presso i dipartimenti e uffici regionali interessati allo spostamento di attribuzioni previste dal presente articolo, nonche' il personale di ruolo dell'amministrazione regionale utilizzato, sempre alla stessa data, dall'ufficio del commissario delegato per l'emergenza idrica e dall'ufficio del commissario delegato per l'emergenza rifiuti e tutela delle acque in Sicilia, puo', a domanda da presentarsi entro quarantacinque giorni dall'entrata in vigore della presente legge, transitare all'agenzia. Transitano altresi' all'agenzia dighe e opere idrauliche connesse, beni mobili, macchine ed attrezzature, nonche' eventuali immobili, nella disponibilita', a qualsiasi titolo, degli enti ed uffici le ad competenze sono state attribuite all'agenzia stessa. 8. Al personale dell'agenzia si applica lo stato giuridico e il trattamento economico del personale dell'amministrazione regionale». Successivamente l'art. 9 della legge regionale 16 dicembre 2008, n. 19, ha disposto che «1. L'art. 7 della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19 e successive modifiche ed integrazioni, e' soppresso. 2. Le funzioni e i compiti esercitati dall'agenzia regionale di cui all'art. 7 della legge regionale n. 19 del 22 dicembre 2005 e successive modifiche ed integrazioni, unitamente al personale in servizio presso la stessa alla data di entrata in vigore delle nuove competenze assessoriali, sono trasferiti all'assessorato regionale dell'energia e - dei servizi di pubblica utilita'. Il personale in servizio mantiene la medesima posizione giuridica, con eccezione degli incarichi dirigenziali. 3. L'assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilita' cura la liquidazione conseguente alla soppressione di cui al comma 1». La norma, quindi, ha previsto il trasferimento all'Assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica utilita' del personale precedentemente in servizio presso l'agenzia regionale per i rifiuti e le acque. 17. Tale trasferimento ha dato luogo - di fatto - ad un'ipotesi di mobilita', che - secondo la giurisprudenza ordinaria - «non qualifica un particolare tipo contrattuale civilistico, ma solamente, nel campo pubblicistico, un particolare strumento attuativo del trasferimento del personale, da una amministrazione ad un'altra, trasferimento caratterizzato da una modificazione meramente soggettiva del rapporto e condizionato da vincoli precisi concernenti la conservazione dell'anzianita', della qualifica e del trattamento economico, che e' inquadrabile nella fattispecie della cessione di contratto disciplinata dall'art. 1406 del codice civile e segg., visto che comporta il trasferimento soggettivo del complesso unitario di diritti ed obblighi derivanti dal contratto, lasciando immutati gli elementi oggettivi essenziali» (cfr., ex plurimis, cassazione civile, sezione lavoro, ordinanza del 23 febbraio 2018, n. 4435). 18. Ebbene, la norma oggetto di censura introduce - rispetto alla disciplina generale della mobilita' nel pubblico impiego - un regime di favore per gli ex dipendenti dell'ARRA, perche' consente ai medesimi di «recuperare» l'anzianita' di servizio maturata prima di essere assunti presso la predetta Agenzia. Cio' a prescindere dalla natura giuridica pubblica o privata dell'originario datore di lavoro e dai servizi concretamente prestati presso di esso. 19. In altri termini, la norma impugnata consente al personale in questione di conseguire il beneficio del riconoscimento dell'anzianita' pregressa all'assunzione presso l'ARRA, anche se la prestazione lavorativa era stata precedentemente svolta in favore di soggetti privati (come, ad esempio, le societa' in house) e finanche se la predetta prestazione lavorativa non era assimilabile in alcun modo alle mansioni successivamente svolte presso l'Agenzia. 20. Si tratta, quindi, di una disposizione che - senza alcuna oggettiva giustificazione - introduce un regime di favore per gli ex dipendenti dell'ARRA, rispetto a tutti gli altri dipendenti pubblici, ivi inclusi gli altri dipendenti regionali. 21. In particolare, rispetto a questi ultimi, la norma in esame - nel riconoscere l'anzianita' di servizio maturata prima del passaggio nei ruoli dell'ARRA - determina effetti palesemente irragionevoli e discriminatori. Essa, infatti, consente al personale proveniente dall'Agenzia di sopravanzare in ruolo gli altri dipendenti regionali con maggiore anzianita' nei ruoli della Regione siciliana, sovvertendo i criteri previsti dall'accordo integrativo del 9 dicembre 2019 relativo alle progressioni economiche orizzontali in ambito regionale. 22. Difatti, l'accordo in questione prevede espressamente la valutazione, con distinti punteggi, delle seguenti anzianita' di servizio maturate presso pubbliche amministrazioni: a) anzianita' nella posizione; b) anzianita' di ruolo presso l'amministrazione regionale; c) anzianita' non di ruolo; d) anzianita' di ruolo presso altre pubbliche amministrazioni. 23. Ebbene, la norma censurata consente - per i soli ex dipendenti dell'ARRA - di prendere in considerazione, ai fini delle progressioni di carriera, anche periodi di servizio non contemplati dalla predetta previsione contrattuale, come - ad esempio - anzianita' maturata presso enti aventi personalita' giuridica di diritto privato. 24. Per questa ragione, si ritiene che la disposizione censurata introduca un irragionevole trattamento di favore per gli ex dipendenti dell'ARRA, che si pone evidentemente in contrasto con il principio di uguaglianza desumibile dall'art. 3 della Costituzione. 25. In secondo luogo, la norma impugnata produce anche un ulteriore effetto: quello di riconoscere agli ex dipendenti dell'ARRA un miglioramento del trattamento economico fondamentale e accessorio non contemplato dalla contrattazione collettiva; e quindi, sotto questo aspetto, viola - per le medesime ragioni indicate nel capo I del presente atto - altresi' l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. 26. E invero, il riconoscimento dell'anzianita' pregressa incide anzitutto sul trattamento economico fondamentale, in quanto comporta l'attribuzione «ora per allora» delle progressioni di carriera e degli avanzamenti di fascia economica, cui necessariamente consegue anche l'incremento della retribuzione tabellare. 27. Inoltre, la norma censurata influisce evidentemente sul livello della «retribuzione individuale di anzianita'» prevista dall'art. 81, comma 1, lettera c), del Contratto collettivo regionale di lavoro del compatto non dirigenziale della Regione siciliana e degli enti di cui all'art. 1 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, stipulato il 9 maggio 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 24 del 24 maggio 2019, in quanto essa modifica proprio il parametro dell'anzianita', al quale e' commisurato l'elemento retributivo in esame. 28. Dunque, l'intervento normativo regionale incide - ab externo rispetto alle disposizioni del contratto collettivo di lavoro - sia sul livello della retribuzione fondamentale sia sul livello della retribuzione accessoria degli ex dipendenti dell'ARRA, consentendo a questi ultimi di accedere ad un trattamento economico di favore non previsto direttamente dalla contrattazione collettiva. 29. La disposizione impugnata, quindi, deroga al principio che riserva alla contrattazione collettiva il trattamento economico del personale pubblico «privatizzato», desumibile dagli arti. 2, comma 3, e 45, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, ponendosi - per l'effetto - in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera 1), della Costituzione, che riserva allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di «ordinamento civile». 30. Peraltro, come evidenziato nel capo I del presente atto, l'incostituzionalita' dell'articolo censurato non e' esclusa dalla previsione di cui all'art. 14, lettera q), dello Statuto di autonomia, giacche' la competenza legislativa esclusiva, ivi prevista, in materia di «stato giuridico ed economico» del personale regionale incontra i limiti derivanti dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, quali sono - appunto - i principi desumibili dal testo unico del pubblico impiego (cfr. sentenze n. 16 del 2020, n. 93 del 2019, n. 201, n. 178 e n. 172 del 2018). 31. La circostanza per la quale il riconoscimento dell'anzianita' pregressa determina necessariamente anche un incremento della retribuzione del personale proveniente dall'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque e' confermato dal comma 2 della medesima disposizione oggetto di censura. 32. Tale comma - infatti - individua la copertura finanziaria degli oneri economici derivanti dall'applicazione del comma 1, prevedendo che «2. Per le finalita' di cui al comma 1 e' autorizzata, per gli esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023, la spesa annua di € 497.242,00 (Missione 1, Programma 10, capitolo 1081 57). A decorrere dall'esercizio finanziario 2024 si provvede ai sensi del comma 1 dell'art. 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118». 33. Ebbene, tale disposizione - oltre a confermare la fondatezza dei vizi di legittimita' costituzionale prospettati nei paragrafi che precedono - rivela un ulteriore profilo di incostituzionalita' dell'art. 14. 34. Difatti, gli oneri finanziari derivanti dal comma 1 del predetto articolo, cosi' come accade per gli stanziamenti destinati ai rinnovi contrattuali, cui essi vanno inevitabilmente ad aggiungersi, hanno la natura giuridico-contabile di «spese obbligatorie», in quanto corrisposte ai beneficiari in via continuativa. 35. Ebbene, al fine di garantire la copertura finanziaria delle maggiori spese derivanti per il bilancio regionale dalla disposizione censurata, il comma 2 - per gli anni dal 2021 al 2023 - stanzia un importo annuale di € 497.242,00. Ma, con decorrenza dall'esercizio finanziario 2024, stabilisce che «si provvede ai sensi del comma 1 dell'art. 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118». 36. Tuttavia, la disposizione richiamata stabilisce che «1. Le leggi regionali che prevedono spese a carattere continuativo quantificano l'onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione e indicano l'onere a regime ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese obbligatorie, possono rinviare le quantificazioni dell'onere annuo alla legge di bilancio» (enfasi aggiunte). 37. Nel caso di specie, le spese derivanti dal riconoscimento della pregressa anzianita' di servizio degli ex dipendenti ARRA costituiscono - per le ragioni sopra indicate - «spese a carattere continuativo». Pertanto, la norma impugnata non avrebbe potuto rinviare - per la quantificazione dell'onere annuo - alla legge di bilancio, ma avrebbe dovuto indicare l'onere a regime. 38. Ne consegue l'evidente violazione dell'art. 38, comma 1, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante «Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42»; e quindi, per il tramite di esso, dell'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione, che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia concernente la «armonizzazione dei bilanci pubblici». 39. Si evidenzia, infine, che non si rinvengono nello Statuto di autonomia della Regione siciliana norme che potrebbero giustificare la disciplina normativa introdotta dal legislatore regionale. Anzi, il rinvio effettuato dalla stessa disposizione censurata al citato art. 38, ne conferma l'applicabilita' anche alla Regione siciliana, in quanto disposizione adottata dallo Stato in attuazione della propria competenza legislativa esclusiva in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici» di cui all'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione. III L'art. 36 della legge della Regione siciliana 15 aprile 2021, n. 9 40. L'art. 36, recante «Norme in materia di stabilizzazione e fuoriuscita personale ASU», dispone che - «1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai lavoratori inseriti nell'elenco di cui all'art. 30, comma 1, della legge regionale 28 gennaio 2014 n. 5, si applicano le disposizioni di cui ai commi da 292 a 296 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178. 2. I soggetti di cui al comma 1, possono essere stabilizzati dagli enti utilizzatori a tempo indeterminato anche con contratti di lavoro a tempo parziale, secondo i parametri contrattuali minimi previsti dalla legge e dal Contratto collettivo nazionale del lavoro di riferimento. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il dipartimento regionale del lavoro dell'impiego, dell'orientamento, dei servizi e delle attivita' formative provvede all'assegnazione dei soggetti di cui al comma 1 che svolgono attivita' socialmente utili in virtu' di protocolli o convenzioni. 3. I soggetti inseriti nell'elenco di cui al comma 1 possono optare, in alternativa alla partecipazione alle attivita' socialmente utili per il triennio 2021-2023, per la fuoriuscita definitiva dal bacino di appartenenza a fronte della corresponsione di un'indennita' onnicomprensiva d'importo corrispondente a cinque anni dell'assegno di utilizzazione in ASU. La suddetta indennita' e' erogata per un periodo non superiore agli anni necessari al raggiungimento dei requisiti di pensionabilita' e per un massimo di cinque anni, ed e' corrisposta in rate annuali. Ai fini dell'applicazione del presente comma, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il dipartimento regionale del lavoro, dell'impiego, dell'orientamento, dei servizi e delle attivita' formative provvede ad effettuare una ricognizione del personale presente nell'elenco di cui all'art. 30, comma 1, della legge regionale n. 5/2014. 4. I soggetti che abbiano optato per la fuoriuscita dall'elenco di cui all'art. 30, comma 1, della legge regionale n. 5/2014 ai sensi del comma 2 dell'art. 4 della legge regionale 29 dicembre 2016, n. 27 e successive modificazioni, che non abbiano percepito l'indennita' all'uopo prevista, possono a domanda, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, richiedere di essere riammessi nel citato elenco di cui all'art. 30, comma 1, della legge regionale n. 5 / 2014. 5. Il termine di cui al comma 2 dell'art. 15 della legge regionale 16 ottobre 2019, n. 17, come modificato dal comma 4 dell'art. 4 della legge regione; le 12 maggio 2020, n. 9, e' prorogato al 31 ottobre 2021. 6. Per le assunzioni di cui al presente articolo, a decorrere dalla data di assunzione, e' riconosciuto su base annua un contributo per ciascun soggetto stabilizzato, parametrato all'importo dell'assegno di utilizzazione in ASU corrisposto alla data di assunzione, maggiorato per tenere conto del maggior costo sostenuto per l'assunzione a tempo indeterminato con contratto a tempo parziale, entro il limite dell'autorizzazione di spesa prevista dal comma 7. 7. Per le finalita' di cui al presente articolo e' autorizzata la spesa di 10.000 migliaia di euro per l'esercizio finanziario 2021 e la spesa annua di € 54.159.248,56 per ciascuno degli esercizi finanziari 2022 e 2023 (Missione 20, Programma 3), comprensiva delle somme occorrenti per l'eventuale prosecuzione delle attivita' socialmente utili dei medesimi soggetti di cui al comma 1, disposta nel rispetto della normativa vigente, nonche' di quelle occorrenti per le finalita' di cui al comma 10, da iscrivere in un apposito Fondo del dipartimento del bilancio e tesoro. Agli oneri di cui al presente comma per la quota parte di 10.000 migliaia di euro per ciascun anno del biennio 2021-2023 si provvede mediante riduzione dei trasferimenti di cui all'art. 6 della legge regionale n. 5/2014 e successive modificazioni (Missione 18, Programma 1, capitolo 191301). A decorrere dall'esercizio finanziario 2024 si provvede ai sensi del comma 1 dell'art. 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni. 8. Per l'anno 2021, la quota parte del contributo di cui al comma 6 parametrato all'assegno di utilizzazione in ASU e' assicurata a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'art. 8, comma 4, della legge regionale 22 febbraio 2019, n. 1. 9. Con decreto del ragioniere generale, su proposta del dipartimento regionale del lavoro, dell'impiego, dell'orientamento, dei servizi e delle attivita' formative, previa delibera della giunta regionale, sono operate le conseguenti variazioni di bilancio. 10. Al fine di favorire la piena efficacia dell'impianto regolatorio di cui al comma 1, e' altresi' incentivata la fuoriuscita dei soggetti attualmente impegnati in attivita' socialmente utili che hanno maturato i requisiti minimi previsti dalla normativa nazionale per il pensionamento. Per tale finalita', il dipartimento regionale del lavoro, dell'impiego, dell'orientamento, dei servizi e delle attivita' formative e' autorizzato ad erogare, a domanda, la differenza ira quanto erogato dall'INPS a titolo di assegno sociale e quanto previsto dall'assegno di sussidio per A.S.U. sino alla maturazione dei requisiti minimi previsti dalla normativa vigente per l'accesso al trattamento di quiescenza. 11. Gli enti che abbiano gia' provveduto alla trasformazione dei contratti dei soggetti gia' impegnati in attivita' socialmente utili sono autorizzati ad avviare le procedure di stabilizzazione». 41. La predetta disposizione, al comma 1, estende l'applicazione delle misure di cui all'art. 1, commi da 292 a 296, della legge 30 dicembre 2020 n. 178, ai lavoratori inseriti nell'elenco di cui all'art. 30, comma 1, della legge regionale 28 gennaio 2014; n. 5. 42. Nello specifico, la disposizione e' volta a favorire l'assunzione a tempo indeterminato delle categorie di lavoratori di cui agli articoli 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 (i.e. i soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili) e 3, comma 1, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280 (i.e. i soggetti impegnati in lavori di pubblica utilita'). 43. A tal fine, essa estende, il regime delle assunzioni a tempo indeterminato previsto dall'art. 1, commi 292-296, della legge n. 178 del 2020 - in favore dei «lavoratori socialmente utili di cui all'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 (LSU: n.d.r.), e all'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280 (LPU: n.d.r.), nonche' dei lavoratori gia' rientranti nell'abrogato art. 7 del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 (lavoratori percettori di trattamento straordinario di integrazione salariale: n.d.r.), e dei lavoratori impegnati in attivita' di pubblica utilita', anche mediante contratti di lavoro a tempo determinato o contratti di collaborazione coordinata e continuativa nonche' mediante altre tipologie contrattuali» - anche ai lavoratori inseriti nell'elenco di cui all'art. 30, comma 1, della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5, il quale - a sua volta - ricomprende sia titolari di contratto a tempo determinato sia soggetti utilizzati in attivita' socialmente utili. 44. Nel dettaglio, l'art. 1, comma 292, della legge n. 178 del 2020 disciplina - con riferimento all'anno 2021 - le modalita' di assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori socialmente utili, disponendo che le amministrazioni pubbliche utilizzatrici del predetto personale possono procedere con le assunzioni alle seguenti condizioni: a) «possesso da parte dei lavoratori dei requisiti di anzianita' previsti dall'art. 4, comma 6, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, ovvero dall'art. 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, o svolgimento delle attivita' socialmente utili o di pubblica utilita' per il medesimo periodo di tempo»; b) «assunzione secondo le modalita' previste dall'art. 20, comma 1, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, dei lavoratori che siano stati previamente individuati, in relazione alle medesime attivita' svolte, con procedure selettive pubbliche anche espletate presso amministrazioni diverse da quella che procede all'assunzione, salvo quanto previsto dalle lettere a), c) e d) del presente comma»; c) «espletamento di selezioni riservate, mediante prova di idoneita', ai lavoratori che non siano stati previamente individuati, in relazione alle medesime attivita' svolte, con procedure selettive pubbliche anche espletate presso amministrazioni diverse da quella che procede all'assunzione, salvo quanto previsto dalle lettere a), b) e d) del presente comma»; d) «assunzione secondo le modalita' previste dall'art. 20, commi l e 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, dei lavoratori utilizzati mediante contratti di lavoro a tempo determinato o contratti di collaborazione coordinata e continuativa nonche' mediante altre tipologie contrattuali, fermo restando quanto diiposto dalle lettere a), b) e c) del presente compia». 45. Ebbene, la disposizione censurata - pur richiamando formalmente l'art. 1, commi 292-296, della legge n. 178 del 2020 - se ne discosta sensibilmente, in quanto non chiarisce le modalita' attraverso cui saranno osservati i vincoli e i requisiti richiesti dal legislatore nazionale per procedere alla stabilizzazione del personale precario. In altri termini, la predetta disposizione non offre alcuna garanzia circa il fatto che la stabilizzazione del personale in questione sia effettivamente condotta nel rispetto delle condizionalita' poste dalla normativa statale. 46. Peraltro, si evidenzia che l'ambito di applicazione soggettivo della normativa regionale diverge in modo significativo da quello della normativa statale formalmente richiamata nella disposizione de qua. Difatti, la norma regionale si rivolge ad una platea di circa 4.571 soggetti, percettori di un'indennita' mensile di sostegno al reddito, il cui impiego da parte della regione e dei Comuni avviene in base a convenzioni e protocolli; e quindi, non in virtu' di un contratto di lavoro. Si tratta di una circostanza che differenzia fortemente la procedura di stabilizzazione prevista dal citato art. 36 rispetto a quella prevista dal comma 292, la quale si riferisce esclusivamente ai lavoratori «LSU» e «LPU» che siano - tuttavia - gia' titolari di un rapporto di lavoro con l'amministrazione pubblica. 47. Si ritiene - pertanto - che la disposizione in esame si ponga anzitutto in contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento civile». 48. Ed invero, codesta eccellentissima Corte si e' gia' pronunciata su un'analoga normativa della Regione siciliana che prevedeva il transito dei soggetti in esame verso una societa' controllata dal medesimo ente regionale, dichiarandone l'illegittimita' costituzionale per violazione del predetto parametro costituzionale. 49. In particolare, nella sentenza n. 194 del 2020, si e' affermato che «nel delineare i confini tra cio' che e' ascrivibile alla materia «ordinamento civile» e cio' che, invece, e' riconducibile alla competenza legislativa residuale regionale, [...] sono da ricondurre alla prima «gli interventi legislativi che ... dettano misure relative a rapporti lavorativi gia' in essere (ex multis, sentenze n. 251 e 186 del 2016 e n. 180 del 2015)» (sentenza n. 32 del 2017) e rientrano, invece nella seconda, profili pubblicistico - organizzativi dell'impiego pubblico regionale» (sentenze n. 241 del 2018 e n. 149 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 191 del 2017 e n. 63 del 2012)». 50. Nella medesima sentenza, si e' anche chiarito che «la regolamentazione delle modalita' di accesso al lavoro pubblico regionale e' riconducibile alla materia dell'organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali e rientra nella competenza residuale delle Regioni di ari all'art. 117, quarto comma, della Costituzione». 51. Tuttavia, codesta eccellentissima Corte ha escluso che ricorresse la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile» soltanto nei casi in cui la norma impugnata «spiega la sua e efficacia nella fase anteriore all'instaurazione del contratto di lavoro e incide in modo diretto sul comportamento delle amministrazioni nell'organizzazione delle proprie risorse umane e solo in via riflessa ed eventualmente sulle posizioni soggettive (sentenza n. 235 del 2010)» (sentenza n. 241 del 2018). 52. Pertanto, si e' precisato che «deve ritenersi integrata la violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., quando la disciplina regionale, consentendo la trasformazione di contratti precari di lavoratori in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, incide sulla regolamentazione del rapporto precario gia' in atto e, in particolare, sugli aspetti connessi alla durata del rapporto, e determina, al contempo, la costituzione di altro rapporto giuridico, ovvero il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, destinato a sorgere proprio per effetto della stabilizzazione» (sentenza n. 51 del 2012, enfasi aggiunte). 53. Si e' altresi' chiarito che cio' e' vero anche per una regione ad autonomia speciale, quale la Regione siciliana, stante «la riconducibilita' della regolamentazione del rapporto di pubblico impiego privatizzato ovvero contrattualizzato, ivi compreso quello relativo al personale delle Regioni a statuto speciale, alla materia «ordinamento civile» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.» (cfr., ex plurimis, sentenze n. 16 del 2020, n. 81 del 2019, n. 172 del 2018, n. 257 del 2016, n. 211 del 2014, n. 151 del 2010 e n. 189 del 2007). 54. Dunque, dai principi di diritto appena enunciati si trae la regola per la quale e' inibito alle regioni, anche a statuto speciale, e alle Province autonome di Trento e Bolzano di introdurre nell'ordinamento regionale o provinciale forme di stabilizzazione del personale precario che non siano sussumibili entro le previsioni gia' previste - a livello nazionale - dal legislatore statale. 55. Difatti, nella richiamata sentenza n. 194 del 2020, codesta eccellentissima Corte ha fatto espressamente salva la possibilita' perla Regione siciliana di definire «in altro modo tale transito quanto agli aspetti economici e normativi: non gia' sulla base della norma regionale qui dichiarata costituzionalmente illegittima in parte qua, bensi' nel rispetto e in applicazione, quanto ai profili di ordinamento civile, della normativa statale dettata in particolare dal decreto legislativo n. 175 del 2016 e segnatamente dagli arti. 19, 20 e 25» (enfasi aggiunte). 56. Ebbene, nel caso di specie, la procedura di stabilizzazione prevista dal citato art. 36 si discosta sensibilmente - come sopra precisato - dalle previsioni recate dal legislatore nazionale, in quanto essa: a) prescinde dalla sussistenza dei requisiti previsti dall'art. 1, comma 292, della legge n. 178 del 2020; e, comunque, b) si rivolge a destinatari diversi da quelli presi in considerazione dal legislatore nazionale, vale a dire a soggetti che non hanno ancora stipulato un contratto di lavoro, sia pure precario, con gli enti locali, ma sono impiegati da questi sulla base di protocolli oppure convenzioni stipulate direttamente con la Regione siciliana. 57. Si ritiene, quindi, che - analogamente al caso gia' deciso da codesta eccellentissima Corte -anche nella presente fattispecie ricorra una violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. 58. Peraltro, nel caso di specie, la diposizione impugnata esula in modo particolarmente evidente dalla materia «stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della regione», riservata alla competenza legislativa esclusiva della Regione siciliana dall'art. 14 lettera q), dello Statuto di autonomia, dato che l'assunzione a tempo indeterminato dei soggetti in questione e' prevista presso enti diversi dalla regione. Si tratta - in particolare - dei comuni, la cui organizzazione e' regolata dalla legislazione statale e, in particolare, dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonche' - in materia di personale - dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e - per gli aspetti concernenti il superamento del precariato - dall'art. 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, nonche' - in materia di assunzione del personale in base alla sostenibilita' finanziaria - dall'art. 33, comma 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58. 59. Dunque, la norma impugnata - non essendo riconducibile alle competenze legislative riservate dallo Statuto di autonomia alla Regione siciliana - si pone, anche sotto tale ulteriore profilo, in evidente contrasto sia con l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione sia con l'art. 14 lettera q) dello Statuto di autonomia. 60. Il citato art. 36 viola - peraltro - anche l'art. 81, terzo comma, della Costituzione. Al riguardo, occorre premettere quanto segue. 61. La normativa statale di cui all'art. 1, commi 292 - 296, della legge 30 dicembre 2020 n. 178, prevede le assunzioni a tempo indeterminato dei soggetti che hanno gia' instaurato un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato oppure un contratto di collaborazione coordinata e continuativa ovvero altre tipologie contrattuali con i Comuni, autorizzati - quindi - a procedere con la loro stabilizzazione. 62. La norma impugnata, al contrario, si rivolge a soggetti che non hanno ancora stipulato un contratto di lavoro con gli enti locali, ma vengono impiegati da questi sulla base di protocolli oppure convenzioni stipulate direttamente con la Regione siciliana, percependo un'indennita' mensile che costituisce una forma di «sostegno al reddito». 63. La norma regionale - al comma 2 - dispone che tali soggetti siano stabilizzati dagli enti utilizzatori, secondo i parametri contrattuali minimi previsti dalla legge e dal Contratto collettivo nazionale del lavoro di riferimento, e al fine di finanziare le predette spese sono stanziate delle risorse regionali, in relazione alle quali - pero' - vengono predeterminati dei limiti finanziari inidonei a garantirne l'integrale copertura. 64. Ne deriva che - per i comuni - le predette assunzioni a tempo indeterminato comporteranno un consolidamento strutturale e permanente delle corrispondenti spese di personale, dato che la stabilizzazione in ruolo dei soggetti in esame determina un onere economico complessivo particolarmente elevato, considerando che lo status di dipendente di ruolo comporta a carico dei comuni l'obbligo di corresponsione del trattamento economico fondamentale ed accessorio contrattualmente previsto (ivi compresa la tredicesima mensilita'), cui vanno aggiunti gli oneri riflessi a carico del datore di lavoro. 65. Ebbene, a fronte di tale onere, la norma impugnata non prevede una copertura finanziaria integrale. Nel dettaglio, il comma 6 del citato art. 36 prevede che agli enti che stabilizzano il personale in questione e' riconosciuto su base annua un contributo parametrato all'importo dell'assegno di utilizzazione di tali soggetti. Tale contributo e' maggiorato per tener conto del costo sostenuto per l'assunzione a tempo indeterminato, ma comunque entro il limite dell'autorizzazione di spesa prevista dal comma 7. 66. E' evidente - quindi - come, in assenza di una dettagliata relazione tecnica e/o degli elementi dimostrativi degli oneri derivanti dalla predetta procedura di stabilizzazione, la copertura finanziaria prevista dal comma 7 del citato art. 36 sia del tutto inadeguata per far fronte all'onere complessivo derivante dalla stabilizzazione del personale in esame: con conseguente violazione, sotto questo profilo, dell'art. 81 Cost. posto che anche i comuni hanno l'obbligo di rispettare l'equilibrio di bilancio. 67. Peraltro, a decorrere dall'esercizio finanziario 2024, il citato comma 7 richiama anche in questo caso - quanto previsto dall'art. 38, comma 1, del. decreto legislativo n. 118 del 2011. 68. Tale previsione, quindi, oltre a non garantire la integrale copertura finanziaria delle spese derivanti dalla procedura di stabilizzazione, determina - per le ragioni gia' esposte nel precedente capo del presente atto - anche la violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e) - in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici» - e, terzo comma - in materia di «coordinamento della finanza pubblica», della Costituzione. 69. Difatti, l'art. 38, comma 1, del decreto legislativo n. 118 del 2011 dispone che «Le leggi regionali che prevedono spese a carattere continuativo quantificano l'onere annuale previsti per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione e indicano l'onere a regime, ovvero, nel caso in cui non si Imiti di spese obbligatorie, possono /inviare la quantificazione dell'onere annuo alla legge di bilancio» (enfasi aggiunte). 70. Ebbene, le spese previste dal citato comma 7 costituiscono «spese obbligatorie», in quanto aventi carattere strutturale e permanente nel tempo; dunque, necessitano di una adeguata copertura finanziaria, che il mero richiamo all'art. 38 del decreto legislativo n. 118 del 2011 non e' affatto idonea a soddisfare, in assenza di una precisa quantificazione dell'onere a regime per gli anni successivi al triennio considerato nel bilancio di previsione. 71. In altre parole, la disposizione censurata, pur richiamando formalmente l'art. 38 del decreto legislativo n. 118 del 2011, si pone invece in contrasto con il medesimo; e, quindi - per il tramite di tale disposizione -, viola l'art. 117, secondo comma, lettera e) - in materia di «armonizzazione dei bilanci pubblici» - e terzo comma - in materia di «coordinamento della finanza pubblica» - della Costituzione. 72. Inoltre, come precisato nel precedente capo del presente atto, non si rinviene nello Statuto di autonomia della Regione siciliana alcuna norma che potrebbe giustificare l'introduzione della disciplina oggetto di censura. Anzi - come gia' chiarito - il rinvio effettuato dalla stessa disposizione censurata al citato art. 38 ne conferma l'applicabilita' anche alla Regione siciliana, in quanto disposizione adottata dallo Stato in attuazione delle competenze legislative ad esso riservate dall'art. 117 della Costituzione. 73. Infine, la disposizione regionale si pone anche in contrasto anche con quanto previsto dall'art. 3 della Costituzione, in quanto determina una irragionevole disparita' di trattamento tra i destinatari della disposizione impugnata ed altre categorie di personale precario, nonche' tra i predetti soggetti e i destinatari di altre analoghe forme di sostegno al reddito. 74. Per coloro che si collocano al di fuori dell'ambito di applicazione soggettivo della disposizione impugnata, infatti, la procedura agevolata prevista dalla normativa regionale non trova ovviamente applicazione; e quindi, restano assoggettati alla piu' rigorosa disciplina prevista dal legislatore statale e, segnatamente, dall'art. 20 del decreto legislativi) 25 maggio 2017, n. 75. 75. Ebbene, tale disparita' di trattamento e' oggettivamente priva di una giustificazione ragionevole e, pertanto, comporta una evidente violazione del principio di uguaglianza previsto dall'art. 3 della Costituzione: norma direttamente applicabile anche alle Regioni autonome in quanto - come sopra precisato - rientrante fra i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale. IV L'art. 41 della legge Regione siciliana 15 aprile 2021, n. 9 76. L'art. 41 della legge oggetto di censura, rubricato «Progetti a favore degli studenti con disabilita', dispone che - «1. L'assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali ed il lavoro, per le finalita' di cui all'art. 6 della legge regionale 5 dicembre 2016, n. 24 e successive modificazioni, e' autorizzato a seguito di apposito avviso e preventiva ricognizione delle necessita' e relativa ripartizione proporzionale ad avviare progetti e servizi integrativi, migliorativi ed aggiuntivi in favore degli studenti con disabilita'. 2. Per assicurare lo svolgimento delle attivita' di cui al presente articolo, e' autorizzata, per l'esercizio finanziario 2021, la spesa di 5.000 migliaia di euro da iscrivere in apposito capitolo di spesa «Servizi integrativi migliorativi ed aggiuntivi a favore degli studenti disabili delle scuole secondarie di secondo grado», nella rubrica del dipartimento regionale della famiglia e delle politiche sociali (Missione 12, Programma 2). 3. Agli oneri di cui al presente articolo si fa. fronte per la quota parte di 1.000 migliaia di euro con riduR.ione della Missione 13, Programma I, capitolo 413374. 77. Il predetto articolo, dunque, da un lato - al comma 2 - prevede che l'onere relativo agli interventi previsti a favore degli studenti con disabilita' gravino per un totale di cinque milioni di euro sulla missione 12 e, dall'altro - al comma- 3 - specifica che ai predetti oneri si fa fronte per la quota parte di un milione di euro con riduzione della' missione 13. 78. Ebbene, siccome il comma 1, fa riferimento a generici progetti e servizi integrativi, migliorativi e aggiuntivi in favore degli studenti con disabilita', senza specificare la natura, sociale o sanitaria, di tali interventi, il comma 3 comporta - di fatto - la distrazione di risorse dalla missione 13 per destinarle a prestazioni di natura non sanitaria, incidendo - in questo modo - sui livelli essenziali di assistenza, ai quali le medesime risorse sono destinate. 79. Per questa ragione, la disposizione in esame viola: a) l'art. 117, secondo comma, lettera m), che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; b) i principi fondamentali dettati dal legislatore statale sia in materia di «tutela della salute» sia in materia di «coordinamento della finanza pubblica» e, quindi, l'art. 117, terzo comma, della Costituzione; e infine, c) l'art. 81, terzo comma, della Costituzione. 80. In particolare, l'illegittimita' costituzionale della disposizione censurata discende dal fatto che la Regione siciliana e' - attualmente - in piano di rientro dal disavanzo sanitario ed e' - pertanto - assoggettata al divieto di spese non obbligatorie previsto dall'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. 81. La disposizione censurata, quindi, - nel prevedere un consistente incremento proprio delle predette spese non obbligatorie - si pone in evidente contrasto con la disposizione sopra menzionata e - per il tramite di essa - viola, quindi, l'art. 117, comma 3, della Costituzione, che riserva allo Stato l'individuazione dei principi fondamentali in materia di «coordinamento della finanza pubblica». 82. Si evidenzia - peraltro - che la disposizione in esame non puo' trovare giustificazione nell'art. 17, comma 1, lettera c), dello Statuto di autonomia - che quindi parimenti viola -, secondo il quale «Entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, l'assemblea regionale puo', al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della regione, emanare leggi, anche relative all'organizzazione dei servizi, sopra le seguenti materie concernenti la regione: c) assistenza sanitaria» (enfasi aggiunte). 83. Difatti, e' la stessa norma statutaria a prevedere che siffatto potere legislativo puo' essere esercitato «Entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato» limiti che - per le ragioni sopra esposte - sono evidentemente travalicati dalla disposizione oggetto di censura. V L'art. 50 della legge della Regione siciliana 15 aprile 2021, n. 9 84. L'art. 50 dispone che «1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le Aziende del servizio sanitario regionale e l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia procedono ad incrementare le ore di incarico a tempo indeterminato a ciascun medico veterinario specialista ambulatoriale interno, gia' titolare di incarico da almeno cinque anni, per il raggiungimento di almeno trenta ore di incarico settimanali per medico-veterinario. 2. Gli incrementi di orario eccedenti la quota di almeno trenta ore settimanali di cui al comma 1, devono essere motivati e autorizzati dall'assessorato regionale della salute, sulla base di una preventiva ricognizione del fabbisogno delle prestazioni e delle attivita' programmate o programmabili, relative alla specialistica ambulatoriale veterinaria, presso ciascuna Azienda sanitaria provinciale e presso la sede dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia e possono essere attribuiti nel rispetto del vincolo dell'equilibrio economico del bilancio aziendale. 3. I direttori generali delle aziende sanitarie provinciali e dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia sulla base delle citi i a' riscontrate e della programmazione delle attivita', compatibilmente con il titolo di specializzazione di cui all'allegato 2 dell'Accordo collettivo nazionale del 31 marzo 2020, in possesso di ogni medico veterinario specialista e sulla base dei criteri di valutazione, di cui all'art. 21 comma 3, del citato Accordo collettivo nazionale, possono di porre una sola volta il passaggio dell'intero effettivo delle ore di incarico a branche diverse, allo scopo di ottimizzare e concentrare le risorse sulle attivita' prioritarie, previa formale accettazione degli interessati. 4. In caso di transito da una branca all'altra, allo specialista e' riconosciuta l'anzianita' di servizio gia' maturata. Al fine di garantire l'appropriatezza delle prestazioni, il transito ad altra branca potra' avvenire a seguito di un adeguato periodo di affiancamento. 5. Gli oneri derivanti dall'applicazione del presente articolo, quantificati in € 7.883.103 su base annua, trovano copertura sui fondi del servizio sanitario regionale, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio regionale. 6. L'art. 46 della legge regionale 11 agosto 2017, n. 16 e' abrogato». 85. Come si evince dal testo della disposizione sopratrascritto, la norma regionale reca una disciplina incompatibile con le disposizioni previste dall'Accordo collettivo nazionale del 31 marzo 2020, che disciplina i rapporti con specialisti ambulatoriali interni, veterinari e altre professionalita' sanitarie (biologi, chimici, psicologi) ambulatoriali. 86. Nel dettaglio, la disposizione oggetto di censura si pone in evidente contrasto con l'art. 20, comma 1, dell'accordo. 87. Tale norma, infatti, prevede che «ciascuna Azienda, prima di procedere alla pubblicazione degli incarichi, verifica la possibilita' di completare l'orario degli specialisti ambulatoriali, veterinari e professionisti gia' titolari a tempo indeterminato presso l'Azienda stessa nella medesima branca o area professionale. In tal caso, le ore resesi disponibili e da assegnare, anche mediante frazionamento, per realizzare il completamento orario del tempo pieno (trentotto ore settimanali), sono assegnate con priorita' ai titolari con maggiore anzianita' di incarico. A parita' di anzianita' prevale il maggior numero di ore di incarico, in subordine. l'anzianita' di specializzazione ed infine la minore eta'. L'Azienda rende nota tale disponibilita' sul proprio sito istituzionale». 88. In altri termini, dalla norma contrattuale si evince chiaramente come, in relazione alle disponibilita' pervenute, l'Azienda debba individuare l'avente diritto all'incremento orario nel rigoroso rispetto dei soli criteri ivi previsti, tra i quali non compare quello della previa titolarita' «di incarico da almeno cinque anni», contemplato, invece, dalla norma regionale. 89. Peraltro, la disposizione contrattuale non ammette la possibilita' di transitare da una branca all'altra, ma chiarisce espressamente che l'incremento orario deve riguardare la medesima branca o area professionale dello specialista ambulatoriale veterinario gia' titolare di un incarico a tempo indeterminato presso l'Azienda sanitaria che conferisce l'incarico, con l'ulteriore precisazione, di cui al successivo art. 28, che «l'incarico ambulatoriale, ancorche' sommato ad altra attivita' compatibile, non puo' superare le trentotto ore settimanali'. 90. Dunque, il legislatore regionale ha esercitato - con la disposizione censurata - una competenza riservata in via esclusiva al legislatore statale in quanto riferita alla materia «ordinamento civile» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera 1), della Costituzione. 91. Difatti, nella sentenza n. 10 del 2019, codesta eccellentissima Corte ha espressamente chiarito che «La disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici rientra, infatti, nella materia «ordinamento civile» e spetta in via esclusiva al legislatore nazionale; invero, a seguito della privatizzazione, tale rapporto e' disciplinato dalle disposizioni del codice civile e dalla specifica contrattazione collettiva, e.pressamente regolata dall'art. 2 del decreto legislativo 30 mano 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) [...] Pertanto, la legge impugnata viola la sfera di competenza statale, che riserva alla contrattazione collettiva la disciplina del pubblico impiego». 92. Come nel citato precedente di codesta eccellentissima Corte, anche nel caso di specie, il legislatore regionale ha esercitato una competenza non propria, introducendo una disciplina incompatibile con l'Accordo collettivo nazionale, che - in attuazione dell'art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 - disciplina puntualmente l'incremento orario degli specialisti ambulatoriali. 93. Di qui, l'evidente violazione - da parte della disposizione censurata - della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, nonche' del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui introduce una irragionevole disparita' di trattamento tra gli specialisti ambulatoriali che prestano servizio nella Regione siciliana e coloro che - invece - operano sulla restante parte del territorio nazionale. 94. Peraltro, si evidenzia che la disposizione impugnata non trova alcuna giustificazione nelle norme statutarie della Regione siciliana. 95. In particolare, essa non rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 14, lettera q), in quanto interviene sul rapporto di lavoro di soggetti che non sono dipendenti della regione. 96. Inoltre, essa non trova giustificazione neppure nell'art. 17, lettera f), dato che la medesima disposizione precisa che la disciplina dei «rapporti di lavoro» puo' essere regolata dalla legislazione regionale «Entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato». VI L'art. 53 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 97. L'art. 53, comma 1, viola l'art. 117, comma 2, lettera m) Cost. in materia di determinazione dei livelli essenziali di assistenza nonche' l'art. 81, comma 3, Cost. ed esula dalle competenze affidate alla Regione dall'art. 17, comma 1, lettera c) dello Statuto di autonomia; e viola altresi' l'art. 117, comma 3, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica. 98. L'art. 53, rubricato «Terapia genica «Zolgensma», stabilisce al comma 1 che «In conformita' alle indicazioni espresse dall'Agenzia europea per i medicinali (EMA), nelle more dell'autorizzazione definitiva da parte dell'AIFA, e' autorizzata la terapia genica «Zolgensma», gia' inserita dall'AIFA nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del servizio sanitario nazionale ai sensi del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento dei lattanti e dei bambini getti da atrofia muscolare spinale (BAIA) fino a 21 chilogrammi di peso, anche oltre i sei mesi di eta'. Ai relativi oneri provvede a valere sulle risorse del capitolo 413374 nella misura di 4.200 migliaia di curo (Missione 13, Programma 1, capitolo 413374)». 99. La norma non risulta in linea con la legislazione ed il regime regolatorio vigente, in quanto richiama uno statuto non piu' applicabile alla fattispecie disciplinata. 100. In particolare, l'arti, comma 4-bis, del di. n. 536 del 21 ottobre 1996, convertito in legge n. 648 del 23 dicembre 1996, prevede che, anche se sussista altra alternativa terapeutica nell'ambito dei medicinali, autorizzati, previa valutazione dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), siano inseriti nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, i medicinali che possono essere utilizzati per un'indicazione diversa da quella autorizzata, purche' tale indicazione sia nota e conforma a ricerche condotte nell'ambito della comunita' medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicita' .e appropriatezza. E' ancora previsto che in tale caso l'AIFA attiva idonei strumenti di monitoraggio a tutela della sicurezza dei pazienti e assume tempestivamente le necessarie determinazioni. 101. Ora, la norma denunciata non tiene conto, in violazione della norma interposta, dell'intervenuta determinazione dell'AIFA n. 277 del 10 marzo 2021, con la quale l'Agenzia di regolazione ha definito il regime,di rimborsabilita' e prezzo del medicinale «Zolgensma», prevedendo quanto segue: «Indicazione terapeutica autorizzata: «Zolgensma» e' indicato per il trattamento di: pazienti con atrofia muscolare spinale (SMA) Sq con una mutazione biallelica nel gene SMN1 e una diagnosi clinica di SMA tipo 1, oppure pazienti con SMA Sq con una mutazione biallelica nel gene SMN1 e fino a tre copie del gene SMN2. Indicazione terapeutica rimborsata: «Zolgensma» e' indicato per il trattamento dell'atrofia muscolare spinale (SMA) Sq in pazienti con peso fino a 13,5 kg: diagnosi clinica di SMA di tipo 1 ed esordio nei primi sei mesi di vita, oppure diagnosi genetica di SMA di tipo I (mutazione biallelica nel gene SMNI e fino a due copie del gene SMN2)». 102. Con determinazione n. 46485 del 16 aprile 2021, l'AIFA ha poi disposto l'esclusione del medicinale Zolgensma dall'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento entro i primi sei mesi di vita di pazienti con diagnosi genetica (mutazione biallelica nel gene SMNI e fino a due copie del gene SMN2) o diagnosi clinica di atrofia muscolare spinale di tipo 1 (SMA 1), in quanto tale indicazione e' stata inserita nella citata determinazione del 10 marzo 2021, n. 277. 103. Con le determinazioni su riportate l'Agenzia di regolazione ha quindi previsto la rimborsabilita' del farmaco in questione a carico del Servizio sanitario nazionale esclusivamente per il trattamento di pazienti con peso massimo di 13,5 kg. 104. Si rappresenta, per completezza, che l'accordo tra AIFA e l'azienda farmaceutica Novartis ha incluso l'impegno della societa' a mettere a disposizione il farmaco a titolo gratuito all'interno di studi clinici per i bambini con un peso compreso tra i 13,5 e i 21 kg, allo scopo di acquisire su questi pazienti, in un setting controllato, dati ulteriori di efficacia e sicurezza. 105. Pertanto, la somministrazione della terapia a pazienti aventi un peso compreso tra i 13,5 kg e i 21 kg prevista dalla norma regionale costituisce un livello ulteriore di assistenza: per questo riguardo, la disposizione impugnata viola dunque, non soltanto la norma, in precedenza richiamata, in applicazione della quale AIFA ha assunto, nell'esercizio del suo potere regolatorio, le anzidette determinazioni - art. 1, comma 4-bis, d.l. n. 536/1996, ma pure l'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il quale vieta alle regioni, assoggettate, come la Sicilia, a piano di rientro dal disavanzo sanitario, di effettuare spese non obbligatorie, come appunto quella di cui si discute. 106. La norma si pone cosi' in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione violando la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di determinazione dei livelli essenziali di assistenza ed altresi' con l'art. 81, terzo comma, della Costituzione in quanto, in ragione della sua genericita', viola i principi di certezza e attualita' della copertura finanziaria. 107. La norma regionale in questione si pone altresi' in contrasto con il principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, quale principio generale di coordinamento della finanza pubblica stabilito ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 108. Codesta eccellentissima Corte costituzionale ha infatti evidenziato che «l'autonomia legislativa concorrente delle regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell'ambito della gestione del servizio sanitario puo' incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa», specie «in un quadro di esplicita condivisione da parte delle regioni della assoluta necessita' di contenere i disavanzi del settore sanitario» (ex multis sentenza n. 104 del 2013). 109. Sotto questo profilo, la disposizione travalica le competenze affidate alla regione dallo Statuto di autonomia, il quale, pur conferendo all'assemblea regionale il potere di emanare leggi «al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della regione» anche in materia di assistenza sanitaria (art. 17, comma 1, lettera c)), prevede tuttavia che tale potere deve essere esercitato «entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato», compresi quindi i principi fondamentali stabiliti dallo Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica e di contenimento della spesa pubblica sanitaria. VII L'art. 54 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 110. L'art. 54 viola l'art. 117, comma 2, lettera m) Cost. in materia di determinazione dei livelli essenziali di assistenza ed esula dalle competenze affidate alla regione dall'art. 17, comma 1, lettera c) dello Statuto di autonomia; e viola anche l'art. 117, comma 3, Cost. in materia di coordinamento della finanza pubblica e l'art. 81, comma 3, Cost.. 111. L'art. 54, rubricato «Istituzione dei Centri regionali di riferimento NIPT (Non Invasive Prenatal Test)» prevede che: «1 . Al fine della tutela della salute delle donne in stato di gravidanza, l'Assessore regionale per la salute, con proprio decreto individua tre centri regionali di riferimento per le indagini genetiche, tra le strutture in possesso, alla data di entrata in vigore della presente legge, dei seguenti requisiti strutturali: a) presenza di un'unita' operativa complessa di laboratorio per analisi patologiche che abbia effettuato nell'anno 2020, in media, almeno un milione di analisi totali; b) presenza di almeno un biologo molecolare in pianta organica; c) dotazione di macchinari e attrezzature adeguati per la tipizzazione delle cellule cromosomiche; d) esistenza di un punto nascita e/ o di un centro di procreazione medicalmente assistita (PMA). 2. Le donne residenti nella regione sono escluse dalla partecipazione al costo per l'accertamento di eventuali rischi procreativi attraverso lo screening prenatale per la diagnosi delle trisomie 13, 18 e 21 «Non Invasive Prenatal Test», test del DNA fetale circolante su sangue materno, effettuato presso i centri regionali di cui al comma 1. 3. Al fine dell'adeguamento delle strutture e degli impianti tecnologici, operativi e strumentali finalizzato ad assicurare l'offerta dello screening prenatale di cui al comma 2, e' autorizzata la spesa di 4.000 migliaia di euro cui si provvede a valere sul fondo sanitario regionale». La norma si censura in particolare laddove prevede l'istituzione di centri regionali di riferimento per l'esecuzione delle analisi genetiche denominate «Non Invasive Prenatal Test-NIPT» e contempla, a favore delle assistite residenti in ambito predetti regionale l'esenzione dalla partecipazione al costo correlato ai screening disponendo altresi' che «al fine dell'adeguamento delle strutture e degli impianti tecnologici, operativi e strumentali finalizzato ad assicurare l'offerta dello screeningprenatale di cui al comma 2, e' autorizzata la spesa di 4.000 migliaia di euro cui si provvede a valere sul fondo sanitario regionale». 112. Invero, le indagini genetiche indicate dalla disposizione in esame non sono attualmente incluse nei livelli essenziali di assistenza e, conseguentemente, non possono essere garantite dal Servizio sanitario nazionale. 113. L'art. 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, rubricato «Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza», prevede al comma 7 che siano posti a carico del SSN le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate, disponendo di seguito che sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del SSN le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che: a) non rispondono a necessita' assistenziali tutelate in base ai principi ispiratori del SSN di cui al comma 2; b) non soddisfano il principio dell'efficacia e dell'appropriatezza, ovvero la cui efficacia non e' dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate; c) in presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze, non soddisfano il principio dell'economicita' nell'impiego delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente delle risorse quanto a modalita' di organizzazione ed erogazione dell'assistenza. 114. La definizione e l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza di cui al richiamato art. 1, comma 7, del decreto legislativo n. 502 del 1992, sono stati da ultimo operati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 che, nel capo VI dedicato all' «Assisteza specifica a particolari categorie», individua all'allegato 10C le «Condizioni di accesso alla diagnosi prenatale invasiva, in esclusione dalla quota di partecipazione al costo». 115. Ebbene, l'allegato 10C non contempla i NIPT («Non Invasive Prenatal Test-NIP) tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria per i quali e' prevista la relativa esenzione. 116. La previsione contenuta nel comma 2 della norma denunciata, dunque, integra un livello ulteriore di assistenza rispetto alla normativa statale interposta. 117. Anche in questo caso, la disposizione impugnata viola, dunque, non soltanto la norma, in precedenza richiamata, che stabilisce i termini e le condizioni per l'accollo al Servizio sanitario nazionale del costo di prestazioni sanitarie, ma pure l'art. 1; comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il quale vieta alle regioni, assoggettate, come la Sicilia, a piano di rientro dal disavanzo sanitario, di effettuare spese non obbligatorie, come appunto quella di cui si discute. 118. La norma si pone cosi' in contrasto sia con l'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione - violando la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di determinazione livelli essenziali di assistenza - sia con l'art. 117, terzo comma della Costituzione, per violazione dei principi fondamentali in materia coordinamento della finanza pubblica. 119. Anche in questo caso, la disposizione travalica le competenze affidate alla regione dallo Statuto di autonomia, il quale, pur conferendo all'assemblea regionale il potere di emanare leggi «al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della regione» anche in materia di assistenza sanitaria (art. 17, comma 1, lettera c)), prevede tuttavia che tale potere deve essere esercitato «entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si infima la legislazione dello Stato», compresi quindi i principi fondamentali stabiliti dallo Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica e di contenimento della spesa pubblica sanitaria. 120. Nella norma in esame, peraltro, non sono contenute indicazioni in ordine alle risorse che si intendono utilizzare per l'esecuzione dei NIPT in regime di esenzione, posto che essa fa solo riferimento, al comma 3, alle risorse che verranno utilizzate per «l'adeguamento delle strutture e degli impianti tecnologici, operativi e strumentali finalizzato ad assicurare l'offerta dello screening prenatale». 121. Per questo verso si denuncia percio' anche la violazione dell'art. 81, terzo comma, Cost., in quanto, in ragione della sua genericita', la norma si pone in contrasto con i principi di certezza e attualita' della copertura finanziaria costituzionalmente previsti. VIII L'art. 55 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 122. L'art. 55, comma 1, viola l'art. 117, comma 3, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica, nonche' l'art. 117, comma 2, lettera m) Cost. in materia di livelli essenziali di assistenza ed esula dalle competenze affidate alla regione dall'art. 17, comma 1, lettera c) dello Statuto di autonomia. 123. L'art. 55, rubricato «Terapia pazienti affetti da endomeriosi», dispone che: «Al fine di garantire maggiore accessibilita' 'alla tempia anticloloifflca nelle pazienti affette da endometriosi, in ottemperanza a quanto stabilito dalle societa' scientifiche del settore, l'Assessore per la salute e' autorizzato a consentire la prescrivibilita' dei farmaci antinfiammatori non steroidei in fascia A in deroga ai vincoli previsti dalla nota AIFA 66 per tutte le pazienti in possesso del codice di esenzione 063. Ai relativi oneri nei limiti di un milione di euro si provvede a valere sulle risorse del capitolo 413374 (Missione 13, Programma 1, capitolo 413374). 124. Le malattie e le condizioni che danno diritto all'esenzione sono individuate in base ai criteri dettati dal decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124 recante «Ridefinizione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni, a norma dell'art. 59, comma 50, della legge 27 dicembre 1997, n. 449». 125. L'elenco delle malattie croniche esenti dalla partecipazione al costo delle prestazioni e' stato ridefinito e aggiornato dal gia' richiamato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2017 sui nuovi LEA, ed in specie al suo allegato 8 ove, per l'appunto, e' ricompresa l'esenzione in codice 063 in questione. 126. Ora, l'esenzione prevista a favore degli assistiti affetti da patologie croniche e' relativa alle sole prestazioni di specialistica ambulatoriale correlate e non si estende ai farmaci. 127. A livello nazionale, infatti, i farmaci sono classificati in fascia A, gratuiti per tutti gli assistiti, o in fascia C, completamente a carico degli assistiti. 128. Anche la previsione contenuta nella disposizione in esame, dunque, consentendo la prescrivibilita' a favore delle assistite con esenzione per endometriosi di alcuni farmaci in fascia A «in deroga ai vincoli previsti dalla nota AIFA 66» (che, in linea con quanto precisato, nel prevedere le condizioni in cui la prescrizione dei farmaci antinfiammatori non steroidei sia a carico del SSN, non contempla tra le indicazioni la malattia cronica in questione) e ponendo il relativo onere a carico di risorse di natura sanitaria (visto il riferimento alla Missione 13, programma 1, e al capitolo relativo al cofinanziamento regionale farmaci innovativi), integra un livello ulteriore di assistenza (extra-LEA) rispetto alla normativa statale interposta, che peraltro la Regione sicilia non puo' garantire, in quanto soggetta al piano di rientro dal disavanzo sanitario, stante il divieto di spese non obbligatorie. 129. La disposizione impugnata viola dunque la normativa statale che individua le malattie e le condizioni che danno diritto all'esenzione dalla spesa sanitaria (decreto legislaivo 29 aprile 1998, n. 124 e correlato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2017), nonche', ancora una volta, l'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il quale vieta alle regioni, assoggettate, come la Sicilia, a piano di rientro dal disavanzo sanitario, di effettuare spese non obbligatorie, come appunto quella di cui si discute. 130. La norma si pone cosi' in contrasto sia con l'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione - violando la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di determinazione livelli essenziali di assistenza - sia con l'art. 117, terzo comma della Costituzione, per violazione dei principi fondamentali in materia coordinamento della finanza pubblica. 131. E anche in questo caso la disposizione travalica pure le competenze affidate alla regione dallo Statuto di autonomia, il quale, pur conferendo all'assemblea regionale il potere di emanare leggi «al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della regione» anche in materia di assistenza sanitaria (art. 17, comma 1, lettera c)), prevede tuttavia che tale potere deve essere esercitato «entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato», compresi quindi i principi fondamentali stabiliti dallo Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica e di contenimento della spesa pubblica sanitaria. IX L'art. 56 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 132. L'art. 56, comma 1, viola l'art. 117, comma 3, Cost., in materia di coordinamento della finanza pubblica ed in materia di tutela della salute. 133. L'art. 56, rubricato «Contributo Remesa per la prevenzione di malattie zoonotiche», dispone che: «1. Al fine di adottare politiche di prevenzione dei rischi epidemici dovuti all'emergere nel territorio regionale di patologie animali e zoonotiche provenienti dall'area nordafricana ed al riemergere di patologie ritenute eradicate nel territorio regionale, e' assegnato a Remesa (Rete Mediterranea per la salute degli animali), ufficio costituito presso l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia sotto l'egida dell'Organizzazione mondiale della sanita' animale e dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, un contributo pari a 250 migliaia di euro, per l'esercizio finanziario 2021, per lo svolgimento dell'attivita' istituzionale. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse destinate al finanziamento dell'Istituto zooprofilattico sperimentale. Il contributo va dettagliatamente rendicontato con la specifica individuazione della spesa e relativa tracciabilita'». 134. L'art. 56, cometa 1, riconosce un contributo al REMESA (REseau MEditerraneen de Sante' Animale), ovvero ad uno strumento di collaborazione nel campo della sanita' animale che e' stato istituito sotto l'egida dell'OIE (Organizzazione mondiale della sanita' animale) e della FAO (Organizzazione mondiale dell'alimentazione e dell'agricoltura) per cooperare allo sviluppo e all'implementazione di progetti e programmi riguardanti temi relativi alla salute animale di comune interesse dei Paesi mediterranei aderenti. 135. Tale rete comprende i capi dei servizi veterinari di quindici Paesi del mediterraneo, con obiettivi e finalita' ,diverse dall'ufficio istituito presso l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia, sede di Palermo, denominato Scientific and Technical Office of REMESA (STOR). 136. Lo STOR di Palermo, istituito con una risoluzione votata nel corso della 18° Joint Permanent Commitee (JPC) del REMESA il 26/27 giugno 2019 al Cairo, e' nato per fornire supporto scientifico alla rete REMESA in coordinamento con il segretariato OIE/FAO, con specifiche finalita' tra cui: operare da sede amministrativo-logistica della rete; agevolare la comunicazione e il contatto tra ricercatori ed esperti afferenti la rete REMESA; assistere i Paesi nell'applicazione per ottenere fondi per lo sviluppo di progetti e attivita' analoghe di carattere internazionale. 137. Per le richiamate attivita' istituzionali, nel marzo del 2021 l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia aveva gia' presentato un progetto all'OIE, con una richiesta di finanziamento per la stessa cifra (pari a 250.000,00 e oggi indicata dalla norma regionale denunciata. 138. Ora, l'art. 12 della normativa di riordino della disciplina in materia sanitaria recata dal decreto legislativo n. 502 del 1992, rubricato «Fondo sanitario nazionale» prevede, al comma 2, lettera a), punto 4), che: «2. Una quota pari all'1% del fondo sanitario nazionale complessivo, prelevata dalla quota iscritta nel bilancio del Ministero del tesoro e del Ministero del bilancio per le parti di rispettiva competenza, e' trasferita nei capitoli da istituire nello stato di previsione del Ministero della sanita' ed utilizzata per il finanziamento di: a) attivita' di ricerca corrente e finalizzata svolta da: (...) 4) Istituti zooprofilattici sperimentali per le problematiche relative all'igiene e sanita' pubblica veterinaria»; al successivo comma 3, prevede invece che «Il Fondo sanitario nazionale, al netto della quota individuata ai sensi del comma precedente, e' ripartito con riferimento al triennio successivo entro il 15 ottobre di ciascun anno, in coerenza con le previsioni del disegno di legge finanziaria per l'anno successivo, dal CIPE, su proposta del Ministero della sanita', sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome; la quota capitana di finanziamento da assicurare alle regioni viene determinata sulla base di un sistema di coefficienti parametrici, in relazione ai livelli uniformi di prestazioni sanitarie in tutto il territorio nazionale, determinati ai sensi dell'art. 1, con riferimento ai seguenti elementi (...)». 139. In particolare, la tabella B della delibera CIPE 14 maggio 2020, n. 20 prevede per il finanziamento degli Istituti zooprofilattici sperimentali della Regione Sicilia l'importo di € 22.236.637. 140. Per quanto sopra, il finanziamento previsto dalla disposizione della legge della Regione siciliana denunciata non puo' essere decurtato dalle risorse del Fondo sanitario nazionale, gia' destinate, per la quota spettante, al funzionamento e alle funzioni istituzionali ordinarie degli Istituti zooprofilattici sperimentali della Sicilia, cosi' come individuate dalla delibera CIPE «Fondo sanitario nazionale - Riparto delle disponibilita' finanziarie per il Servizio sanitario nazionale», ai sensi dell'art. 12, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992 (Tabella B - delibera CIPE 14 maggio 2020, n. 20 - (20A04860) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale n. 230 del 16 settembre 2020). 141. La norma in esame, indebitamente distraendo risorse del Fondo sanitario nazionale, si pone cosi' in contrasto con la norma interposta sopra richiamata e, di conseguenza, con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, violando principi fondamentali stabiliti sia in materia di coordinamento della finanza pubblica che in materia di tutela della salute. X L'art. 57 della legge regionale 15 aprile 2021, n. 9 142. L'art. 57, comma 1, infine, viola l'art. 118, comma 1, in relazione agli articoli 3 e 32 della Costituzione. 143. L'art. 57, rubricato «Avvio progetti per la fornitura di cannabis terapeutica», prevede che «1. Al fine di sopperire alle richieste derivanti dal rapporto di fabbisogno accertato dalle autorita' sanitarie nazionali di produzione di «cannabis terapeutica», l'assessorato regionale dell'agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea e' autorizzato anche tramite i propri enti strumentali, all'avvio di progetti innovativi pure nelle forme del partenariato con le societa' presenti sul territorio nazionale, finalizzati ad avviare le procedure previste dall'art. 17, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 / 90». 144. L'art. 17, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, richiamato dalla norma denunciata, dispone che «Chiunque intenda coltivare, produrre, fabbricare, impiegare, importare, esportare, ricevere per transito, commerciare a qualsiasi titolo o comunque detenere per il commercio sostanze stupeficenti o psicotrope, comprese nelle tabelle di cui all'art. 14 deve munirsi dell'autorizzazione del Ministero della sanita'». 145. L'art. 26 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 prevede, inoltre, che «(...) e' vietata nel territorio dello Stato la coltivazione delle piante comprese nella tabella I e II di cui all'art. 14 (...)»; tuttavia, «il Ministro della sanita' puo' autorizzare istituti universitari e laboratori pubblici aventi fini istituzionali di ricerca, alla coltivazione delle piante sopra indicate per scopi scientifici, sperimentali o didattici». 146. Le competenze amministrative del Ministero della salute nella materia sono poi state ulteriormente precisate dal decreto ministeriale 9 novembre 2015 (recante «Funzioni di organismo statale per la cannabis previsto dagli articoli 23 e 28 della Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, come modificata nel 1972»). 147. In particolare, l'art. 1 del decreto ministeriale del 2015, nell'indicare le funzioni del Ministero della salute in qualita' di Organismo statale per la cannabis, prevede che il Ministero: «a) canonizza la coltivazione delle piante di cannabis da utilizzare per la produzione di medicinai di origine vegetale a base di cannabis (...); b) individua le aree destinate alla suddetta coltivazione (...); c) importa, esporta e distribuisce sul territorio nazionale, ovvero autorizza l'importazione, l'esportazione, la distribuzione all'ingrosso e il mantenimento di scorte delle piante e materiale a base di cannabis d) provvede alla determinazione delle quote di fabbricazione di sostanza attiva di origine vegetale a base di cannabis sulla base delle richieste delle regioni e delle province autonome e ne informa l'International Narcotics Control Board (INCB) presso le Nazioni Unite». 148. Pertanto, le autorizzazioni alla sperimentazione, anche nell'ambito di progetti che comportino pure indirettamente un utilizzo delle piante ai sensi delle norme sopra richiamate, devono essere rilasciate preventivamente dal Ministero della salute. 149. La norma regionale, nel prevedere che l'assessorato regionale e' autorizzato all'avvio di progetti innovativi a loro volta finalizzati ad avviare le procedure per l'esercizio - necessariamente autorizzato dal Ministero della salute - delle attivita' di cui all'art. 17, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, determina, dunque, una commistione tra le funzioni dell'assessorato regionale dell'agricoltura siciliano e quelle amministrative proprie del Ministero della salute, con possibili ripercussioni sull'effettiva capacita' del sistema di assicurare un adeguato ed uniforme livello di garanzie al fondamentale diritto alla tutela della salute presidiato dall'art. 32 della Costituzione. 150. Ed invero, l'attribuzione al livello statale delle descritte funzioni amministrative trova giustificazione in precise esigenze di tutela della salute che, per loro natura e perche' siano assicurate uniformemente su tutto il territorio, richiedono un esercizio unitario secondo il principio di adeguatezza di cui all'art. 118 della Costituzione (Corte costituzionale, sentenze nn. 12/2004 e 303/2003). 151. La norma denunciata si pone, cosi', in contrasto con l'art. 118, comma 1, in relazione agli articoli 32 e 3 della Costituzione.